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C'è ancora valore nel mercato obbligazionario. E a catalizzare l'attenzione è soprattutto l'Europa che piace al 54,5% dei rispondenti al sondaggio condotto da L'Economia. Ne parla Giorgio Bensa, Direttore Investimenti Ersel Asset Management.
I dazi tornano al centro della scena. La Casa Bianca ha annunciato numerose nuove aliquote e posticipato di tre settimane la scadenza dei negoziati volti a evitare o attenuare tariffe reciproche. [...]
Per affrontare i prossimi mesi e difendersi dai possibili effetti «tardivi» delle nuove tariffe targate Trump, i professionisti delle 34 realtà di settore (tra Sim, società di gestione e banche d'investimento), che hanno partecipato al sondaggio di metà anno de l'Economia del Corriere della Sera, consigliano di ribilanciare il portafoglio inserendo una quota di obbligazioni indicizzate all'inflazione e lasciando comunque spazio al rischio, tra azioni (al 38%), corporate bond (al 21%) e mercati privati (al 6%).
Secondo gli esperti, l'equity rimane l'asset class da privilegiare (è preferito dal 72,7% dei partecipanti al sondaggio), con un'esposizione meno marcata ai titoli ad alta crescita, che se la giocano alla pari con i titoli value più difensivi (a inizio anno, invece, il 62,5% dei gestori era a favore del growth). Tra i Paesi in cui investire, sul gradino più alto del podio è salita l'Europa (78,8%), seguita dagli Stati Uniti (57,6%) e dai Paesi emergenti (54,5%). Anche l'intelligenza artificiale continua a dominare tra i megatrend considerati più promettenti, con il 72,7% delle preferenze: tecnologia in generale e infrastrutture ottengono invece il 66,7% dei consensi (75%), mentre l'economia circolare è considerata appetibile solo dal 3%.
Nel mondo del reddito fisso, invece, i corporate bond sono da preferire ai titoli di Stato (57,6% contro il 42,4%), ma con un focus sulla qualità, privilegiando quindi l'investment grade (66,7%). Tra i rischi da monitorare, infine, in cima ai pensieri c'è l'inflazione (63,6%) alimentata dalle politiche di Trump, oltre ai dazi (57,6%) e alle guerre in Medio Oriente (48,5%). [...]
Nonostante le otto sforbiciate sui tassi di interesse attuate nell'ultimo anno dalla Banca centrale europea, i rendimenti dei titoli di Stato si trovano sempre su livelli attraenti. A partire dal Btp, che paga il 2,65% lordo a cinque anni e il 3,47% a 10 anni (sulle stesse scadenze il Bund tedesco rende rispettivamente il 2,12% e i12, 56%).
Ma la bussola dei gestori punta soprattutto verso le obbligazioni societarie, «sebbene con un approccio improntato a prudenza ed equilibrio, visti i livelli compressi degli spread - fa notare Giorgio Bensa, Direttore Investimenti di Ersel AM -. Le emissioni corporate, prevalentemente quelle di alta qualità (investment grade), consentono di ottenere un rendimento cedolare superiore ai governativi», e quindi è consigliabile sovrappesarle.
In particolare, l'esperto di Ersel è positivo soprattutto sugli emittenti del settore finanziario, che mostrano «bilanci solidi e una buona redditività. I titoli subordinati ci permettono di ottenere un extra rendimento con un incremento di rischio molto contenuto - argomenta -. In questo segmento di mercato pensiamo di poter raggiungere rendimenti anche del 5-7%». I titoli di Stato, comunque, non vanno eliminati del tutto: «questa componente deve essere comunque presente in portafoglio, in quanto agisce da stabilizzatore in caso di sorprese negative - suggerisce Bensa -.
La compressione degli spread dei Paesi periferici rispetto al Bund e il calo dei tassi sui Treasury delle ultime settimane rendono i titoli di stato tedeschi interessanti per un opportuno bilanciamento dei rischi, con rendimenti attesi tra il 2% e il 3%», conclude Bensa.
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