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Pur in assenza di dati importanti a causa del protrarsi dello shutdown governativo, lo scenario centrale per l’economia americana si conferma quello di una crescita in rallentamento ma comunque sostenuta (+1,8% la crescita del GDP prevista sia nel 2025 che nel 2026, stando al consensus Bloomberg). Tra i fattori positivi la resilenza dei consumi, la forte spesa in capitale per l’Intelligenza Artificiale e la prospettiva di una Fed più accomodante. Vanno in questa direzione la revisione al rialzo dello 0,5% della crescita del GDP nel Q2 al 3,8% (QoQ annualizzato), ma anche la buona tenuta degli utili societari che sono visti in crescita dell’8% nel terzo trimestre (yoy), in ribasso dal +12,8% e +11,1% di Q1 e Q2 ma comunque in linea con la media di lungo periodo. Gli elementi di incertezza tuttavia permangono, a partire da un’inflazione che si mantiene su livelli elevati (ad agosto la core PCE si è attestata al 2,9%), mentre il mercato del lavoro continua a mostrare un equilibrio dato dall’inusuale coincidenza di un calo sia dal lato della domanda che dell’offerta. Nelle dichiarazioni più recenti il presidente della Fed ha confermato il maggiore focus sul lavoro rispetto all’inflazione già ribadito nel FOMC di settembre, in particolare Powell ha sottolineato che i rischi al ribasso per l’occupazione “sembrano essere aumentati” e che gli indicatori sul mercato del lavoro provenienti dalle survey su famiglie e imprese “hanno [continuato] le loro traiettorie discendenti” dall’ultimo FOMC. Un atteggiamento accomodante pienamente prezzato dal mercato che prevede 2 ulteriori tagli nel 2025 e tre nel 2026, per un final rate del 3% in linea con i DOTS. Da sottolineare inoltre che Powell ha lasciato intendere la volontà della Fed di interrompere il Quantitative Tightening nei prossimi mesi. Ulteriori rischi alla crescita e alla stabilità del mercato sono poi (ri)emersi nelle settimane più recenti. Il primo riguarda la nuova escalation nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina: Pechino ha rafforzato i controlli sulle esportazioni di terre rare, mentre Washington ha reagito minacciando nuovi dazi e restrizioni sull’export tecnologico. Si tratta di un’evoluzione da monitorare con attenzione, ma che al momento viene interpretata come una mossa tattica in vista delle trattative per estendere la parziale tregua sui dazi in scadenza il 9 novembre. Il secondo riguarda la rinnovata incertezza su credito privato e credito bancario dopo i recenti fallimenti di First Brands Group e Tricolor Holdings che hanno riacceso i riflettori sulle banche regionali US con le perdite registrate a Zion Bancorp e Western Alliance Bancorp, oltre che da Jefferies. Si tratta di eventi che evidenziano i rischi connessi all’espansione del mercato del leveraged credit (circa 2.000 miliardi di dollari), ma che al momento gli investitori sembrano interpretare come episodi idiosincratici piuttosto che sistemici.
In Francia la situazione politica si è, per il momento stabilizzata, con il nuovo primo ministro Lecornu che ha superato due voti di sfiducia grazie alle concessioni fatte alle opposizioni, la più importante delle quali è il rinvio dell’innalzamento dell’età pensionabile voluto da Macron a dopo le elezioni presidenziali del 2027. L’incertezza sullo stato delle finanze francesi resta tuttavia elevata, come dimostrato dal nuovo downgrade di S&P da AA- ad A+, mentre è attesa per fine ottobre la revisione di Moodys. Per contro in Germania, il governo ha presentato la bozza sul piano di bilancio per il 2026 che ha confermato l’importante stimolo fiscale che dovrebbe portare il deficit fiscale in prossimità del 4%. Nel complesso, si conferma per l’area Euro uno scenario di moderata ripresa, malgrado il freno derivante da tariffe e rafforzamento della divisa, con la crescita che dal +0,9% del 2024 dovrebbe attestarsi (stando al consensus Bloomberg) all’1,3% nel 2025, all’1,1% nel 2026 e al +1,5% nel 2027. In questo contesto e con un’inflazione vicina ai target, la BCE dovrebbe mantenere l’attuale orientamento di politica monetaria.
In Giappone, Sanae Takaichi è diventata la prima donna Primo Ministro del Paese grazie all’appoggio del Japan Innovation Party (JIP). L’accordo tra il partito Liberal Democratico della premier e il JIP rilancia l’aspettativa di un ritorno a politiche economiche ispirate all’ «Abenomics», basate su stimoli fiscali e riforme strutturali. Tuttavia, rispetto al 2012, il contesto politico ed economico è cambiato, in particolare l’uscita dalla spirale deflazionistica e la presenza di pressioni al rialzo su prezzi e salari dovrebbe indurre la BOJ a proseguire nel graduale percorso di rialzo dei tassi (il mercato sconta un nuovo rialzo tra gennaio e marzo del prossimo anno). In Cina, al di là degli alti e bassi nei negoziati e nelle relazioni con gli Stati Uniti, il contesto economico rimane debole, per quanto vadano evidenziati i buoni dati sulle esportazioni che sottolineano la capacità di Pechino di diversificare i propri mercati di sbocco con la maggiore crescita guidata da ASEAN e UE. Sarà importante monitorare i risultati del Quarto Plenum del Comitato Centrale del PCC, che definirà le linee guida del piano quinquennale 2026-2030 (previsto per marzo), nell’attesa di conferme sull’orientamento più pro-business emerso dagli annunci più recenti.
Tale dinamica è stata favorita da politiche monetarie e fiscali ancora di supporto e dal forte aumento degli investimenti nel settore tecnologico. Rispetto ai periodi precedenti, l’andamento è risultato tuttavia meno lineare, caratterizzato da episodi di volatilità (rapidamente riassorbiti) legati ai timori di una nuova escalation nelle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e ad alcuni default societari che hanno riacceso l’attenzione sul segmento del credito leveraged e sulla solidità delle banche regionali americane. In questo contesto, l’S&P 500 ha registrato un progresso del 1,6% in dollari, trainato ancora una volta dal comparto tecnologico (+2,2% il Nasdaq). Migliore il risultato del mercato azionario europeo (+4,1% L’MSCI Europe in euro) grazie in particolare al buon rimbalzo delle azioni francesi visto il momentaneo risolversi della crisi di governo nel paese, e dei mercati emergenti (+3,6% in valuta locale) dove si sono evidenziati i buoni risultati dei listini di Taiwan e Korea più esposti al settore della tecnologia.
Sul fronte obbligazionario, le aspettative di una Fed più accomodante e l’aumento dei rischi geopolitici e commerciali hanno favorito un ulteriore calo dei rendimenti. Il decennale statunitense è sceso sotto il 4%, mentre quello tedesco si è riportato intorno al 2,5%. L’indice dei governativi dei paesi sviluppati ha così guadagnato lo 0,9% in valuta locale. Da segnalare inoltre l’allentamento delle tensioni sui titoli francesi, con lo spread decennale tornato sotto gli 80 punti base.
Nel credito, il fallimento di due operatori legati al settore auto negli Stati Uniti e le perdite registrate da alcune banche regionali hanno generato un temporaneo aumento della volatilità. Si è così osservato, per la prima volta dal cosiddetto “Liberation day”, un moderato allargamento degli spread high yield, di circa 20 punti base sia negli Stati Uniti sia in Europa, a fronte di una sostanziale stabilità del comparto investment grade. Rimane invece positivo l’andamento delle obbligazioni emergenti in valuta forte (+1,3% in USD), mentre quelle in valuta locale hanno registrato una lieve flessione.
Sul mercato valutario, dopo un prolungato periodo di debolezza, il dollaro si è rafforzato di circa due punti rispetto ai principali partner commerciali (indice DXY), portandosi da 1,18 a 1,16 contro euro. Da segnalare inoltre il calo del prezzo del petrolio, con il Brent sceso intorno ai 58 dollari al barile, favorito dai progressi nel piano di pace in Medio Oriente, seguito negli ultimi giorni da una fiammata dei prezzi per l’annuncio di nuove sanzioni alla produzione russa. Ancora molto forte l’oro, che ha toccato nuovi massimi, per poi ritracciare negli ultimi giorni pur chiudendo il periodo con un guadagno complessivo del 12%.
Il contesto economico e di mercato non appare sostanzialmente cambiato rispetto a quello discusso nello scorso comitato, malgrado lo shutdown governativo stia privando analisti e investitori di dati, soprattutto riguardanti il mercato del lavoro, particolarmente significativi in questa fase del ciclo economico. Anche il quadro tecnico rimane generalmente di supporto. La narrativa prevalente rimane quella del cosiddetto scenario “Goldilocks”: un’economia e un mercato del lavoro in moderato rallentamento, ma non tali da sfociare in una recessione o compromettere la crescita degli utili aziendali. Quest’ultima resta sostenuta dall’aumento degli investimenti in capitale legati allo sviluppo dell’AI e dalle aspettative di ulteriori tagli dei tassi da parte della FED. Le valutazioni restano elevate in diversi segmenti di mercato, mentre l’atteggiamento degli investitori sembra riflettere solo in parte, se non ignorare del tutto, i rischi legati all’impatto delle tariffe su inflazione e crescita, alla sostenibilità dei consistenti investimenti in capitale connessi all’AI e alle fragilità emergenti in alcune aree del credito, finora di portata limitata. Pur continuando a non sposare uno scenario di recessione e mantenendo uno scenario di riferimento costruttivo di lungo periodo, preferiamo quindi mantenere prudenza nell’esposizione agli asset rischiosi, con la probabilità di fasi di volatilità che potrebbero offrire punti di ingresso più interessanti.
Più nel dettaglio nei portafogli MultiAsset riteniamo adeguato mantenere un sovrappeso limitato rispetto all’allocazione strategica di riferimento nella componente azionaria e scostamenti contenuti anche a livello geografico. All’interno della componente Europea la preferenza va al mercato italiano e a strategie flessibili capaci di muovere dinamicamente l’esposizione al mercato. Negli Stati Uniti, manteniamo scommesse limitate su IT (leggermente aumentata nel periodo) e finanziari. Abbiamo rinnovato la struttura opzionale sull’S&P500 a parziale copertura rispetto a scenari di forte correzione del mercato. Pur rimanendo cauti sui Paesi Emergenti (in quanto più sensibili ad un rallentamento del commercio internazionale e dell’economia globale), abbiamo confermato un approccio più costruttivo sulle azioni cinesi attraverso la vendita del fondo di GQG (fortemente sottopesato sul Paese) e mantenendo la posizione sull’ETF dedicato alle società internet cinesi.
Nella componente obbligazionaria riteniamo che l’attuale livello dei tassi rappresenti una buona protezione in presenza di scenari avversi sulla crescita. Manteniamo quindi una duration vicina ai parametri di riferimento, con un sottopeso limitato sulle curve US, UK e JP. Rimaniamo esposti ai Linkers americani che dovrebbero offrire protezione nell’ipotesi di un’inflazione più persistente delle attese e visto il livello raggiunto dai tassi reali in una fase di deterioramento del quadro economico. In un’ottica di aumento del carry di portafoglio, abbiamo inserito nel portafoglio di Fondersel due bond emergenti in valuta locale (BRL ma regolati in USD) che affiancano quelli in MXN introdotti il mese scorso. Un’operazione simile (seppure più limitata in size, visto il carry già più elevato del prodotto) è stata effettuata anche su Leasdersel Total Return. Malgrado la generale qualità dei bilanci societari, riteniamo che il livello degli spread di credito non offra un’adeguata remunerazione per il rischio e continuiamo a privilegiare emittenti di elevata qualità.
Tra le strategie alternative, manteniamo la principale esposizione al risk arbitrage anche sulla scorta della ripresa del flusso di fusioni ed acquisizioni. A questa posizione ne sono affiancate altre su un certificato sulla volatilità dei tassi USA e sul fondo Ivct Global Rates che persegue una strategia global macro su tassi e valute.
Confermiamo il sottopeso sul dollaro americano, sebbene in misura più contenuta a seguito della chiusura di larga parte della posizione lunga su JPY/USD, ritenuta al momento meno interessante per via del carry negativo e del mutato contesto politico in Giappone. Manteniamo un sottopeso sulle valute EM.
Nell’ultimo mese il mercato azionario italiano si è mantenuto vicino ai massimi, nonostante una forte volatilità, legata i negoziati fra Strati uniti e Russia sull’Ucraina ed alle incertezze legate alla guerra commerciale con la Cina.
A livello settoriale i migliori sono stati le utilities, i ciclici ed i petroliferi, mentre hanno sottoperformato i finanziari ed i bancari.
Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati gli industriali come Stellantis, STM oltre a Telecom Italia, mentre hanno sottoperformato Ferrari, dopo il piano industriale, Cucinelli ed i bancari come Mediobanca.
Nel mese di ottobre i mercati obbligazionari hanno consolidato i progressi recenti, sostenuti da dati macro in graduale moderazione e da un contesto di politica monetaria in transizione. Il 29 ottobre la Fed ha annunciato il taglio dei tassi atteso dal mercato, segnalando l’avvio di una fase però più incerta sulla prosecuzione dell’espansione, mantenendo un tono più hawkish in attesa di conferme sul percorso dell’inflazione. In area euro la BCE ha ribadito un approccio data-dependent, lasciando aperta la porta a interventi nel 2026. I tassi core hanno mostrato movimenti contenuti, con leggere pressioni al ribasso sulle scadenze lunghe dopo la decisione Fed. Gli spread creditizi sono rimasti ben ancorati, sostenuti da flussi selettivi verso i segmenti a maggior carry. L’Investment Grade ha chiuso il mese in lieve progresso, mentre l’High Yield ha continuato a beneficiare della ricerca di rendimento. I subordinati finanziari, inclusi i COCO, hanno consolidato ulteriormente la performance da inizio anno grazie a fondamentali bancari solidi. In ambito valutario, l’instabilità politica francese ha indebolito l’euro contro gran parte delle valute del G10, mentre una Fed più attendista di quanto previsto dal mercato ha portato all’apprezzamento del dollaro (+1.91%).
Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:
| Stato | Indice | Variazione % dal 18/09/2025 al 23/10/2025 |
|---|---|---|
| STATI UNITI | DOW JONES | +1,3% |
| STATI UNITI | S&P 500 | +1,6% |
| STATI UNITI | NASDAQ | +2,1% |
| GIAPPONE | TOPIX | +3,0% |
| HONG KONG | HANG SENG | -2,2% |
| TAIWAN | TAIEX | +6,8% |
| KOREA | KOSPI | +11,1% |
| MESSICO | BOLSA | +0,3% |
| ARGENTINA | MERVAL | +21,2% |
| BRASILE | BOVESPA | +0,2% |
| INGHILTERRA | FTSE 100 | +3,8% |
| GERMANIA | DAX | +2,3% |
| FRANCIA | CAC 40 | +4,7% |
| SVIZZERA | SMI | +4,2% |
| ITALIA | S&P/MIB | +0,2% |
| SPAGNA | IBEX 35 | +4,1% |
Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:
| Stato | Variazione % dal 18/09/2025 al 23/10/2025 |
|---|---|
| STATI UNITI | +1,0% |
| GIAPPONE | +0,0% |
| INGHILTERRA | +2,5% |
| AREA EURO | +1,2% |
| Stato | Variazione % dal 18/09/2025 al 23/10/2025 |
|---|---|
| USD/EUR | +1,8% |
| YEN/EUR | -1,7% |
| GBP/EUR | -0,3% |
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