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Il commento mensile sull'andamento dei mercati realizzato dai fund manager di Ersel.

Quadro macro - Novembre 2025


Stati Uniti

Pur in assenza di conferme dai dati " top-tier" e nonostante le iniziali aspettative di un impatto negativo sulla crescita dovuto alle tariffe, le stime sulla crescita del GDP USA nel Q3 continuano ad essere riviste al rialzo, grazie al contributo positivo di consumi e investimenti. Per il quarto trimestre è previsto un rallentamento temporaneo, legato allo shutdown, che dovrebbe avere un impatto limitato e seguito da un rimbalzo fisiologico nel corso del 2026 anche per effetto del progressivo impulso fiscale legato all’OBBBA. La crescita del PIL rimane moderata, intorno al 2% medio negli ultimi tre trimestri, ma con una dinamica a due velocità: da un lato investimenti aziendali (corporate capex) robusti, soprattutto in tecnologia e software; dall’altro un mercato del lavoro sostanzialmente fermo, condizionato da dazi e immigrazione. Le informazioni provenienti da indicatori secondari sul labor market non segnalano infatti deviazioni rilevanti rispetto al trend di moderazione osservato negli ultimi mesi. Le aspettative, tuttavia, prevedono un graduale miglioramento a partire dal prossimo anno. L’inflazione resta ben al di sopra del target del 2%, mentre le aspettative di lungo termine rimangono ben ancorate grazie alla credibilità della Fed. Questo contesto supporta un percorso di rate cuts graduali, anche se l’incertezza resta elevata per l’assenza di dati: le rilevazioni di novembre (NFP e CPI) saranno cruciali.

 

Europa

Nell’Eurozona, si conferma lo scenario di riferimento: gli indicatori PMI sono coerenti con una moderata ripresa del ciclo economico, mentre l’inflazione si mantiene vicina al target della BCE. Prevediamo che l’inflazione rimanga a target e che la crescita si collochi vicino al potenziale. La BCE dovrebbe mantenere una politica monetaria invariata (policy hold) nei prossimi trimestri.

 

Asia e Mercati Emergenti

In Asia sono continuati i movimenti di rialzo per la Borsa di Tokyo e di calo per lo yen giapponese: dalla nuova amministrazione il mercato si attende un mix di politiche economiche e fiscali favorevoli alla crescita, mentre quelle monetarie sembrano ancora distanti da un rialzo dei tassi di interesse che possa dare un supporto di ampio respiro e lungo periodo per la divisa. Il mercato cinese è stato sostanzialmente invariato nel mese, in assenza di sviluppi significativi a livello macro e micro economico nel Paese; l’America Latina è stata caratterizzata da una dinamica più favorevole nonostante le alterne vicende legate al debito pubblico e alla valuta dell’Argentina.

Dall’ultimo comitato (22 ottobre) i mercati azionari hanno mostrato una certa volatilità, interrompendo il trend positivo degli ultimi periodi e registrando perdite generalizzate per quanto relativamente contenute.

Nonostante un flusso di notizie complessivamente favorevole — con una stagione degli utili che continua a sorprendere al rialzo e un accordo raggiunto tra Cina e Stati Uniti — il sentiment degli investitori ha risentito di due fattori principali: in primo luogo, la FED ha realizzato un taglio dei tassi che, nonostante fosse atteso, è stato accompagnato da un messaggio relativamente hawkish, suggerendo che ulteriori riduzioni non fossero scontate.  In secondo luogo, sta emergendo un crescente nervosismo riguardo alla capacità delle grandi aziende tecnologiche — in particolare gli hyperscaler — di ottenere un’adeguata remunerazione dagli elevati investimenti in capitale sostenuti per lo sviluppo di infrastrutture legate all’AI, malgrado gli ottimi numeri riportati ieri da Nvidia abbiano in parte rassicurato sulla forza del trend in atto. In questo contesto, l’S&P 500 ha registrato una perdita dello 0,8% in dollari, linea con quella del comparto tecnologico (-0,8% il Nasdaq). Leggermente più marcati i ritracciamenti del mercato azionario europeo (-1,7% L’MSCI Europe in euro) e dei mercati emergenti (-1,4% in USD).

Nel comparto obbligazionario, l’atteggiamento relativamente più hawkish della FED, ha determinato un generalizzato aumento dei tassi con i decennali americano e tedesco che sono saliti, rispettivamente, di 19bps e 15bps, riportandosi in area al 4,1% e 2,7%. L’indice dei governativi dei paesi sviluppati ha così ceduto lo 0,7% in valuta locale. 

Nel credito, il segmento HY americano ha risentito della maggiore avversione al rischio degli investitori, registrando un limitato allargamento degli spread pari a circa 9bps. Più stabili invece gli spread del segmento HY europeo e dei segmenti a più elevato rating.  Positivo, infine, l’andamento delle obbligazioni emergenti in valuta forte (+0,9% in USD) e di quelle in valuta locale (+1,3% in USD).

Sul mercato valutario, il dollaro, al pari del periodo precedente, si è rafforzato, in controtendenza rispetto al trend di forte deprezzamento in opera da inizio anno.  Nelo specifico la valuta americana si è rafforzata di poco più di un punto percentuale rispetto ai principali partner commerciali (indice DXY) e si è riportato in area 1,15 contro euro. Da segnalare, infine, il parziale recupero del prezzo del petrolio, con il Brent che si è riportato in prossimità dei 60 dollari al barile, mentre l’oro ha registrato una lieve flessione (-0,5%) dopo il forte apprezzamento del periodo precedente.

Nuovo quadro di riferimento e nuovi indirizzi di tipo generale

Il contesto economico e di mercato non appare sostanzialmente cambiato rispetto al precedente incontro. Negli Stati Uniti, lo shutdown governativo ha limitato la disponibilità di dati (soprattutto sul mercato del lavoro, particolarmente rilevanti in questa fase del ciclo) ma, nonostante ciò, le aspettative di crescita sono state riviste al rialzo; il quadro tecnico è rimasto sostanzialmente favorevole fino all’inizio di novembre, quando sono iniziati ad emergere segnali di nervosismo che, al momento, non destano preoccupazioni eccessive.

La narrativa prevalente si conferma quella del cosiddetto scenario “Goldilocks”: una crescita economica robusta, che non sconfina però nel surriscaldamento, e un mercato del lavoro in moderato rallentamento, che non indica comunque un rischio di recessione e non compromette la crescita degli utili aziendali. Quest’ultima resta sostenuta dall’aumento degli investimenti in capitale legati allo sviluppo dell’AI e dalle aspettative di ulteriori tagli dei tassi da parte della FED, se non già nel mese di dicembre, nel corso del primo semestre del prossimo anno. 

Questi due fattori (AI e tagli FED) stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nel determinare l’andamento degli asset rischiosi e nel plasmare un sentiment degli investitori sostenuto da elevati livelli di redditività attesa e da ipotesi consistenti di allentamento monetario, ma in progressivo indebolimento di fronte a valutazioni molto tirate. La volatilità delle ultime settimane ne è un chiaro segnale e potrebbe persistere con una continuazione dello shutdown governativo americano e la conseguente assenza di dati macro rilevanti. In caso di una FED meno espansiva del previsto, non si può escludere un ritracciamento simile a quello osservato la scorsa settimana.

Nel complesso il nostro posizionamento rimane orientato verso asset pro-rischio. Tuttavia, sarà fondamentale monitorare sia la capacità dei settori non legati all’AI di confermare revisioni degli utili positive (necessarie per compensare la crescita, pur elevata, ma meno esplosiva del passato prevista per il comparto Tech) sia l’evoluzione della liquidità e della politica monetaria, alla ricerca di eventuali segnali di deterioramento.

Mercati azionari

Nell’ultimo mese il mercato azionario italiano dopo aver toccato nuovi massimi, ha corretto seguendo l’andamento del mercato statunitense. Aumenta inoltre la volatilità con la ripartenza dei negoziati in Ucraina.

A livello settoriale i settori migliori sono stati i bancari e le utilities, mentre hanno sottoperformato gli industriali.

Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati i bancari come Montepaschi, Fineco e Popolare Sondrio oltre a Tenaris e Italgas, mentre hanno sottoperformato gli industriali come Stellantis e STM oltre a Nexi, Diasorin e Inwit.


Mercati obbligazionari

Nel mese di novembre i mercati obbligazionari hanno mantenuto un tono costruttivo, proseguendo il trend di normalizzazione avviato in autunno. Le aspettative su un allentamento ulteriore della Fed nel 2026 hanno iniziato a consolidarsi, pur in un quadro in cui diversi membri del FOMC hanno ribadito la necessità di conferme aggiuntive sul fronte dei prezzi prima di modificare in modo significativo l’impostazione di politica monetaria. In Europa, la BCE ha confermato la linea data-dependent, riconoscendo i progressi inflazionistici ma evidenziando al contempo rischi ancora bilanciati. In questo scenario, il comparto creditizio ha beneficiato di un miglioramento del sentiment globale: l’Investment Grade ha chiuso il mese con un rendimento moderatamente positivo, sostenuto dalla stabilizzazione dei tassi, mentre High Yield e subordinati hanno sovraperformato grazie alla combinazione di compressione degli spread, flussi in entrata e fondamentali societari rimasti nel complesso solidi. 

 

Risultati


Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:

Stato Indice Variazione % dal 23/10/2025 al 21/11/2025
STATI UNITI DOW JONES -1,0%
STATI UNITI S&P 500 -2,0%
STATI UNITI NASDAQ -2,9%
GIAPPONE TOPIX +1,4%
HONG KONG HANG SENG -2,9%
TAIWAN TAIEX -4,0%
KOREA KOSPI +0,2%
MESSICO BOLSA +0,6%
ARGENTINA MERVAL +34,4%
BRASILE BOVESPA +6,2%
INGHILTERRA FTSE 100 -0,4%
GERMANIA DAX -4,6%
FRANCIA CAC 40 -3,0%
SVIZZERA SMI +0,6%
ITALIA S&P/MIB +0,7%
SPAGNA IBEX 35 +0,2%


Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:

Stato Variazione % dal 23/10/2025 al 21/11/2025
STATI UNITI -0,1%
GIAPPONE -1,0%
INGHILTERRA -0,6%
AREA EURO -0,5%

 

Stato Variazione % dal 23/10/2025 al 21/11/2025
USD/EUR +0,8%
YEN/EUR -1,6%
GBP/EUR -0,8%

 

 

 


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