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Il commento mensile sull'andamento dei mercati realizzato dai fund manager di Ersel.

Quadro macro - Settembre 2023


Stati Uniti

Agosto e settembre sono stati caratterizzati da dati di crescita e consumo sopra le attese negli USA. L’ADP survey ha segnato una nuova risalita del numero di occupati, non riconfermata tuttavia dai Nonfarm Payrolls, che hanno osservato invece un leggero miglioramento del bilanciamento tra domanda e offerta di lavoro. Il dato sui nuovi occupati oggetto di importanti revisioni sul dato di giugno, in agosto indica 187 mila unità aggiuntive, in calo rispetto alla lettura precedente che è stata rivista a 157 mila. Il tasso di disoccupazione è salito al 3.8% rimanendo tuttavia in prossimità dei minimi storici. La Fed nel mese di luglio ha alzato i tassi di policy mantenendo un approccio data-dependent teso a verificare l’evoluzione dell’impatto del tightening sull’economia. La CPI di agosto è salita leggermente sopra le attese sul dato headline al 3.7% dal 3.2% di luglio, mentre sul dato core è scesa a 4.3% dal 4.7%. All’interno del dato core è stata riconfermata la resilienza della categoria servizi in particolare su trasporti e alloggi. Dalle vendite al dettaglio ha continuato ad emergere una resilienza dei consumi superiore alle attese con il dato headline di agosto che è salito dello 0.6% e il dato “core” dello 0.2% dopo aver segnato +1% a luglio. La produzione industriale di agosto ha segnato +0.4% rispetto ai livelli del mese precedente. Per quanto riguarda i sondaggi sulle prospettive economiche, abbiamo avuto un ISM manifatturiero in territorio di contrazione ma in risalita a 47.6, con la componente prezzi pagati che è salita sopra le attese a 48.4 da 42.6 del mese precedente. L’ISM sui servizi dopo aver mostrato una leggera flessione a luglio è tornato a salire in territorio di espansione a 54.5 in agosto sopra le attese degli analisti. Risultati analoghi sono emersi dai PMI che tuttavia hanno continuato ad indicare un leggero rallentamento sui servizi anche nel mese di agosto. Dopo aver alzato di 25 bps nel FOMC del 26 luglio, nel meeting del 20 settembre la Fed ha mantenuto i tassi invariati, segnalando tuttavia una revisione a rialzo delle stime di crescita e aggiungendo 2 rialzi nei Dots per i prossimi 2 anni.

 

Europa

Prosegue il conflitto tra Russia e Ucraina, senza dare segnali che possano far sperare che la situazione possa essere risolta in tempi brevi. L’inflazione di agosto è uscita in linea con le attese e con il mese precedente sia sul dato headline al 5.2%, sia sul dato core che è rimasto al 5.3%. Dagli indicatori anticipatori, è emerso un peggioramento delle prospettive sulla crescita, con manifatturiero e servizi in territorio di contrazione. I dati macroeconomici meno aggiornati hanno mostrato una produzione industriale in calo del -1.1% a luglio, e vendite al dettaglio scese dello 0.2% rispetto al mese precedente. Il mercato del lavoro è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso di disoccupazione stabile sui minimi storici, al 6.4%. La BCE ha mantenuto una stance restrittiva conservando tuttavia un approccio data-dependent. Sia nel meeting di luglio sia nella riunione di settembre la banca centrale ha alzato i tassi di 25 bps, indicando tuttavia che il livello raggiunto dai tassi, se mantenuto, dovrebbe permettere di riportare l’inflazione al target. 

 

Asia e Mercati Emergenti

La Cina ha pesato sui mercati emergenti nel complesso, ma recentemente si è stabilizzata, mentre abbiamo una buona tenuta della crescita dei mercati emergenti esclusa la Cina. L’inflazione dei mercati emergenti ha continuato a scendere, ma recentemente la tendenza è stata meno chiara poiché gli aumenti di cibo ed energia hanno influito sull’inflazione complessiva. Questo complica il compito che attende le banche centrali dei mercati emergenti, poiché i policy maker dei mercati sviluppati sembrano convergere sull’orientamento secondo cui i tassi rimarranno più alti più a lungo. I mercati hanno reagito a questa prospettiva con i rendimenti obbligazionari statunitensi che hanno continuato a salire. 
Se i tassi ufficiali statunitensi si manterranno ai livelli attuali perché la crescita rimarrà pari o superiore al trend, con l’inflazione in calo ma non al target della Fed, allora probabilmente avremo un contesto di rischio favorevole con gli spread creditizi dei mercati sviluppati che resteranno bassi e i prezzi delle materie prime che resteranno stabili. Ciò creerà poi una probabilità più alta di essere a mid-cycle e questo aiuterà la propensione a investire sui mercati emergenti.

Nel periodo di riferimento (19 luglio – 18 settembre) il movimento delle diverse asset class è stato contraddistinto da mercati azionari leggermente negativi/flat. Tra i paesi sviluppati i tassi sono tornati a salire sui timori di una possibile seconda ondata d’inflazione, dovuta in gran parte a una crescita americana decisamente più forte delle attese.

Di seguito il dettaglio per categoria di attivo:

  • Tassi: i tassi hanno subito ancora salita marcata, sia negli Stati Uniti che sulla curva Europea che li ha riportati sulla parte alta del canale (bund 2,70), malgrado i dati sulla crescita non siano buoni, con un’inflazione leggermente più sticky del previsto. In Europa i tassi reali sono stati sostanzialmente stabili con le break-even inflation in salita. Mentre negli Stati Uniti abbiamo assistito ad un aumento dei tassi reali con aspettative di tassi più alti più a lungo, sostenuti dalla crescita economica e da un mercato del lavoro in salute.
  • Spread: il comparto creditizio ha subito un restringimento degli spread diffuso: le strategie High yield hanno ancora beneficiato del livello di yield, del carry e del restringimento degli spread.
  • Mercati azionari: dinamica laterale per i mercati azionari guidati da US e in particolare dalle large cap. Dopo una reporting season che ha confermato uno scenario di maggior solidità rispetto alle attese di inizio anno ma comunque con alcuni punti aperti, il focus si è spostato sui dati macro. Questi ultimi continuano di fatto a dare segnali contrastanti. Il mercato ha quindi alternato fasi più rilassate ad altre più timorose, con il risultato di una dinamica sostanzialmente orizzontale in valuta locale. L’outperformance delle componenti Tech/Growth/AI si è fermata durante l’estate nonostante le revisioni positive in termini fondamentali. Una pausa è ragionevole ma riteniamo pienamente giustificata l’outperformance YTD, sia visto lo scenario macro che gli sviluppi più idiosincratici. 
  • Materie prime: la risalita del prezzo del petrolio appare giustificata dal contesto di domanda/offerta (soprattutto vincoli sul lato offerta più che eccesso di domanda) e di inventari. 
  • Valute: il dollaro si è riportato sopra i livelli di inizio anno dimostrando una forza inattesa  nei confronti di tutti i partner commerciali.
Lo scenario centrale per i mercati finanziari si fonda ancora sull’ipotesi di dinamiche macroeconomiche di crescita mondiale positiva seppure in rallentamento. Più in particolare la crescita nominale dei paesi sviluppati è attesa in rallentamento rispetto agli anni post Covid ma ancora superiore rispetto a quella potenziale in particolare negli Stati Uniti. La crescita dei paesi emergenti è attesa stabile ma fortemente condizionata dalla Cina che appare ancora in una fase di ristrutturazione della propria economia a causa delle difficoltà del settore immobiliare.

L’inflazione, che della crescita nominale sarà la parte preponderante nei paesi sviluppati, è vista in rallentamento, anche se la traiettoria di rientro verso gli obiettivi delle banche centrali è tutta da verificare alla luce delle dinamiche del mercato del lavoro. Le politiche monetarie hanno intrapreso un percorso di normalizzazione per far fronte alle dinamiche inflattive dovute sia all’uscita dal Covid sia per disinnescare una potenziale spirale prezzi salari indesiderata in particolare nei paesi sviluppati. 

Gli ultimi dati pubblicati a livello macroeconomico mostrano un quadro di riferimento fortemente differenziato tra le diverse aree geografiche e più in particolare:

  • Gli Stati Uniti, rappresentano l’area in miglior salute grazie alla robustezza dei consumi interni, un mercato del lavoro in buona salute, con squilibri domanda offerta che vanno riducendosi e la solidità degli investimenti malgrado la risalita dei tassi che, sulla base anche delle indicazioni della Fed dovrebbero aver raggiunto sostanzialmente il picco.
  • Per quanto riguarda l’Europa le dinamiche di crescita mostrano dati molto meno brillanti a causa di un’economia strutturalmente meno dipendente dai consumi interni, che peraltro cominciano a faticare a causa di dinamiche reddituali reali meno forti rispetto agli Stati Uniti e per il rallentamento del commercio internazionale e della Cina in particolare. D’altro canto, la politica monetaria della Ecb appare più in ritardo rispetto alla Fed e non potrà non tener conto dell’andamento del cambio per evitare fenomeni indesiderati di importazione dell’inflazione a fronte, tra gli altri, di mercati energetici fortemente volatili.
  • Il Giappone ha intrapreso una politica monetaria e fiscale fortemente espansiva ed ha fortemente beneficiato di una valuta fortemente deprezzata. La crescita, tuttavia, dovrà trovare un supporto dalle dinamiche internazionali che al momento sembrano essere meno robuste.
  • Per l’area dei Paesi Emergenti il quadro di riferimento è molto differenziato e non privo di incertezze. Nel complesso le dinamiche di crescita economica permangono meno brillanti rispetto a quelle dei paesi sviluppati per una combinazione di minor stimolo fiscale e monetario a cui si aggiungono dinamiche di minor crescita del commercio internazionale. Con specifico riferimento alla Cina, che dei paesi emergenti è quello con il maggior “peso specifico”, pur in una fase di rimbalzo dovuta al venir meno del Covid, resta impegnata in un complesso riequilibrio della crescita verso i consumi interni e di potenziamento ulteriore del know-how mentre si trova a dover affrontare il ridimensionamento del settore immobiliare in una fase di minor collaborazione internazionale (deglobalizzazione).

Alla luce di quanto sopra, riteniamo il mercato azionario sia complessivamente correttamente valutato in funzione dei tassi d’interesse prevalenti, ma presenti ancora margini di correzione, in particolare con riferimento al mercato statunitense. Tra gli elementi di incertezza citiamo in particolare i margini di profitto aziendali ovvero l’andamento delle economie extra Usa. Il mercato europeo risulta essere più a sconto e sottovalutato rispetto a quello statunitense con particolare riferimento alla marginalità delle aziende che beneficiano del venir meno delle pressioni sul fronte energetico e per gli effetti positivi sui bilanci bancari derivanti dall’innalzamento dei tassi. D’altro canto, le dinamiche macroeconomiche sopra citate ne minano l’appetibilità. Meno costruttiva la valutazione sui mercati emergenti alla luce, oltre che delle considerazioni macro sopra esposte, delle tensioni geopolitiche e del minor livello di tutele a livello di governance.

Per tale motivo riteniamo debba essere mantenuto un peso azionario coerente al profilo di rischio complessivo, privilegiando l’area dei paesi sviluppati, rispetto agli emergenti e società di elevata qualità, leader dei rispettivi settori di riferimento e quindi in grado di mantenere adeguati livelli di redditività (pricing power).

Tra gli investimenti obbligazionari, riteniamo opportuno mantenere la duration di portafoglio bassa rispetto ai parametri di riferimento in particolare sulle scadenze più lunghe in generale ed in Europa in particolare. Le emissioni societarie presentano spread complessivamente contenuti o comunque non sufficienti da compensare il rischio associato in particolare nel segmento high yield e riteniamo quindi che l’approccio da adottare debba essere estremamente selettivo. Maggiori opportunità sono individuabili in ambito investment grade e nel comparto delle emissioni subordinate di emittenti solidi.

In un contesto come quello descritto riteniamo che debbano trovare maggior spazio nell’allocazione dei patrimoni investimenti obbligazionari di durata breve volti a sfruttare questa fase del ciclo dei rialzi delle banche centrali ed approcci d’investimento alternativi, opzionali e/o flessibili e dinamici in ambito azionario.

Mercati azionari


Nel corso del periodo i mercati azionari sono stati caratterizzati da una forte volatilità sia a livello di indice che di settori, stretto fra i timori di rallentamento dell’economia, soprattutto in Cina ed una reporting season che è stata complessivamente positiva. Continuano inoltre i timori relativi all’inflazione che resta elevata, allontanando l’attesa per una riduzione dei tassi. 
In particolare, hanno performato bene i bancari ed i petroliferi, mentre hanno sottoperformato gli industriali ed i tecnologici.
Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati Telecom, in attesa della cessione della rete, i petroliferi Come Saipem e gli industriali come Prysmian e Stellantis. Fra i peggiori abbiamo i titoli del lusso come Moncler ed i finanziari come Nexi e Fineco ed i difensivi come Diasorin.


Mercati obbligazionari


Testo in aggiornamento. 

 

Risultati


Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:

Stato Indice Variazione % dal 25/07/2023 al 22/09/2023
STATI UNITI DOW JONES -4,2%
STATI UNITI S&P 500 -5,4%
STATI UNITI NASDAQ -6,6%
GIAPPONE TOPIX +4,0%
HONG KONG HANG SENG -7,1%
TAIWAN TAIEX -5,0%
KOREA KOSPI -4,9%
MESSICO BOLSA -4,3%
ARGENTINA MERVAL +17,4%
BRASILE BOVESPA -4,9%
INGHILTERRA FTSE 100 -0,1%
GERMANIA DAX -4,0%
FRANCIA CAC 40 -3,1%
SVIZZERA SMI -1,9%
ITALIA S&P/MIB -1,3%
SPAGNA IBEX 35 -0,2%


Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:

Stato Variazione % dal 25/07/2023 al 22/09/2023
STATI UNITI -2,3%
GIAPPONE -2,5%
INGHILTERRA -0,2%
AREA EURO -1,8%

 

Stato Variazione % dal 25/07/2023 al 22/09/2023
USD/EUR +3,7%
YEN/EUR -1,4%
GBP/EUR -1,4%

 

 

 


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