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Gli analisti vedono nell’aumento del debito francese il nuovo epicentro delle tensioni europee. Carlo Bodo, Responsabile del team obbligazionario di Ersel AM, sottolinea che senza disciplina fiscale l’era del denaro facile è alle spalle anche per Londra.
La nave con la chiglia bucata continua a imbarcare acqua. Ogni ora, ricordava il premier Bayrou, la Francia aggiunge dodici milioni di euro al suo debito pubblico. Non è un artificio retorico, ma la fotografia di un Paese che fatica a tenere insieme conti e politica. Non più "grande malato d’Europa" come metafora: oggi i mercati lo trattano come tale, con i titoli di Stato francesi trentennali oltre il 4,5% e uno spread che ondeggia sugli 80 punti base rispetto ai Bund. È una favola che si riscrive al contrario: una volta erano i Pigs - Portogallo, Italia, Grecia e Spagna - messi all’angolo e presi a lezione di rigore, oggi sono loro a presentarsi con i compiti fatti, mentre Parigi si scopre impreparata. [...]
Ma l’aria pesante che si respira a Parigi non resta confinata ai boulevard. Da Londra a Tokyo, passando per Washington, la febbre dei rendimenti contagia tutti: i Treasury americani a 30 anni hanno toccato il 5%, i Gilt britannici hanno superato il 5,7% - record dal 1998 - e persino i trentennali giapponesi hanno sfondato il 3,2%, il massimo storico. Sembra di essere di fronte alla tempesta perfetta: montagne di debito accumulate in tempi di emergenza e un’inflazione che non ne vuole sapere di raffreddarsi. Il Regno Unito è il caso da manuale e basta poco perché i mercati alzino il sopracciglio. La memoria corre al 2022, quando il governo Truss durò un mese scarso e bruciò la fiducia degli investitori. Oggi, con la sterlina che perde colpi e i conti di Downing Street sotto pressione, l’allarme è tornato.
“Dopo la Francia, i mercati guardano al Regno Unito, ma il debito di Londra appare per ora più gestibile. Secondo l’Fmi, il debito pubblico lordo britannico si attesterà quest’anno al 104% del Pil, con un debito netto al 95%, meglio dei numeri francesi e solo poco sotto quelli degli Stati Uniti”, osserva Carlo Bodo, Responsabile del team obbligazionario di Ersel AM. In questo scenario, i governi europei si ritrovano stretti all’angolo. [...]
E poi c’è l’altra sponda dell’Atlantico.
[...] “In Europa il quadro resta fragile - evidenzia Bodo - con Italia, Francia e Spagna che navigano su livelli elevati e con la fine della politica fiscale espansiva che rende i governi meno flessibili. A differenza di Washington, che può contare sulla forza del dollaro come valuta di riserva globale, i Paesi europei devono muoversi entro regole comuni che riducono i margini di manovra. Il rischio, per molti, è di dover scegliere tra disciplina di bilancio e sostegno alla crescita, con la minaccia costante di un downgrade a pesare sui mercati”. [...]
Il rischio contagio resta quindi in agguato. Il filo rosso è chiaro: l’era del debito facile è finita. Francia e Regno Unito camminano su un terreno che scricchiola, mentre gli ex ‘cattivi ragazzi’ del Sud si ritrovano, almeno per ora, a osservare la scena con aria quasi sollevata.
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