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All’inizio i cambiamenti, sia quelli di natura sociale, sia quelli geopolitici, si esprimono in maniera sotterranea e poco visibile. È solo quando emergono in superficie che si vedono davvero a pieno, insieme agli shock che spesso li accompagnano.

Le aziende internazionali potrebbero riformulare la propria presenza in Cina e ridurre gli investimenti

Focus

Il problema Covid

I leader cinesi avrebbero potuto prevenire il problema attraverso una campagna di vaccinazioni più diffusa e attraverso una migliore pianificazione: nel Paese, la maggior parte dei cittadini anziani, la categoria più a rischio, non ha ancora ricevuto la seconda dose del vaccino.

In queste ultime settimane, gli sguardi sono rivolti su Shanghai. La grande metropoli cinese, centro mondiale degli affari grazie al suo trafficatissimo porto, è bloccata dalle draconiane politiche «Zero- Covid» del governo cinese. Anche altri centri sono coinvolti dalle restrizioni.

La conseguenza è che milioni di persone non possono lasciare le proprie abitazioni e le attività economiche del Paese sono pressoché ferme. A preoccupare è in particolare il comparto delle spedizioni, con milioni di container bloccati nel porto di Shanghai. Il governo cinese sembra deciso nel proseguire con le ferree misure di isolamento e il timore è che analoghe decisioni possano essere estese anche a Pechino. Gli stop cinesi contro il Coronavirus stanno preoccupando i mercati mentre è atteso un impatto anche sull’economia del Paese, numero due al mondo.

La situazione è difficile e le conseguenze si allargheranno anche al di fuori dei confini cinesi. Sono tanti gli aspetti che stanno venendo a galla. Di sicuro il pesante lockdown a Shanghai rappresenta uno shock per la miriade di aziende estere che negli anni hanno spostato le proprie produzioni nel Paese asiatico. Per molto tempo, la Cina ha rappresentato un Eldorado per le imprese di tutto il mondo: alti tassi di crescita, una forza lavoro a basso costo e soprattutto un livello elevato di stabilità rispetto ad altri mercati in forte sviluppo avevano attirato le produzioni. Adesso le merci sono ferme nei container al porto di Shanghai mentre il leader cinese Xi Jinping continua a ripetere che «la perseveranza è vittoria».

È improbabile che le aziende internazionali decidano di lasciare il Paese. L’area rimane infatti ancora molto attraente. È più probabile che inizino piuttosto a riformulare pesantemente la propria presenza nel Paese asiatico e che inizino a ridurre i propri investimenti. A risentire di questo nuovo andamento sarà sicuramente il processo di globalizzazione. Certo è che i punti di forza della Cina si stanno trasformando in pericolose insidie. Il Paese è diventato un luogo dove ormai è difficile fare programmazione: le imprese si ritrovano con la forza lavoro imprigionata da pesanti quarantene e devono riprogrammare ogni settimanale proprie attività. A volte sono costrette a farlo di giorno in giorno. Tutto questo porta a ungrande dispendio di energie e di risorse.

In vista non c’è un rapido miglioramento della situazione. Il dito è puntato sulla politica. Secondo gli esperti, il siero cinese risulta efficace soltanto a partire dalla terza somministrazione. I vaccini stranieri, che proteggono di più, non sono ammessi. In autunno, si svolgerà a Pechino il XX Congresso nazionale del Pcc, che dovrebbe confermare Xi alla guida del Paese per il terzo mandato. Dichiarare la sconfitta della strategia attuata fino ad ora e passare alla convivenza con il virus, aprendo all’uso dei vaccini stranieri, costituirebbe un fallimento. Si tratta di un passo inammissibile in una fase delicata come questa, segnata anche da fragilità economiche e dagli effetti della guerra in Ucraina, che gli avversari potrebbero sfruttare per recuperare posizioni nella sfida per il potere.

Intanto per risollevare l’economia il governo ha promesso un ampio pacchetto di aiuti e ha confermato l’obiettivo di crescita al 5,5% per l’anno in corso. Non ci sono soltanto le ferree misure contro il Covid a creare scetticismo. C’è anche l’enorme marea di nuove norme che il governo cinese ha introdotto negli ultimi mesi e che sta mettendo in difficoltà le aziende, anche quelle locali. A restare intrappolati sono infatti anche i big cinesi della tecnologia, a cominciare da Alibaba. Si tratta di realtà che negli ultimi anni hanno contribuito significativamente all’immagine del Paese nel mondo. Adesso si devono confrontare con molti ostacoli: a porte chiuse, i manager aziendali raccontano che è diventato impossibile rispettare tutte queste nuove regole.

L’effetto finale è quello di una grande insicurezza. E se la Cina finora è sempre stata una meta obbligata per il business, la nuova campagna anti-Covid rischia di interrompere questa rotta. L’area resterà ancora interessante ma dopo Shanghai le aziende dovranno rivedere la propria catena di approvvigionamento: negli ultimi anni hanno fatto tutti gli sforzi possibili per ottimizzarla al massimo. Adesso l’ottimizzazione è passé, in futuro dovranno puntare su più stabilità, magari attraverso la via dell’homeshoring e di una delocalizzazione delle produzioni più vicina ai mercati finali.

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