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Trenta minuti di treno separano l’Europa dall’Africa. È il percorso dell’enorme tunnel ferroviario sottomarino che, attraverso un tratto lungo lo Stretto di Gibilterra, potrebbe presto collegare la costa della Spagna con quella del Marocco.

I prossimi decenni vedranno emergere molti Stati africani sulla scena economica mondiale

Focus

La speranza africana

Nei nuovi scenari di crisi, il continente africano assume una nuova centralità. Non c’è però soltanto l’energia a muovere i piani. «E’ nel continente Africano che si giocherà il nostro futuro», scrive Federico Rampini nel suo recente saggio dedicato all’Africa («La speranza africana»). Anche per questa ragione adesso sull’area c’è uno sguardo nuovo.

La costruzione dell’enorme tunnel ferroviario sottomarino, uno dei più grandi progetti infrastrutturali ideati dai due Paesi, inizierà entro il 2030. A quel punto viaggiare tra Europa e Africa sarà più semplice: per spostarsi da Madrid a Tangeri basteranno tre ore e mezza di alta velocità, Marrakesh disterà poco più di cinque ore.

L’obiettivo è di promuovere il commercio e il turismo con il continente africano. La nuova rotta è però pensata anche per diventare una strada su cui trasferire l’energia in arrivo dall’Africa. L’idea di collegare i due continenti non è nuova. Anzi. È dagli anni ’30 del secolo scorso che si avvicendano progetti di ponti, tunnel e strade. Tanti sono stati abbandonati. Adesso l’ipotesi di unire le due terre torna in primo piano. A imprimere una forte accelerata sono state le tante crisi internazionali in corso e la crisi energetica che di recente ha fatto riaffiorare le debolezze del Vecchio Continente.

Più nell’immediato, l’interesse è rivolto alle tante risorse energetiche africane. Un esempio: molti dei minerali e metalli rari indispensabili per i pannelli solari o le auto elettriche vengono estratti in Africa. Nel lungo periodo, invece, l’attenzione va alle dinamiche demografiche che scuoteranno la regione. È in Africa che, durante questo secolo, la popolazione crescerà di più: secondo tutte le proiezioni, nel giro di pochi decenni gli abitanti del continente raddoppieranno e per la fine del secolo supereranno quota quattro miliardi.

L’andamento non si rifletterà soltanto su fenomeni come le ondate migratorie. Di pari passo si muoveranno anche le economie locali. Significativo è un report di Goldman Sachs di qualche mese fa dal titolo «The Path to 2075» che mette in evidenza come nei prossimi decenni le economie del pianeta saranno caratterizzate da sorpassi importanti. A emergere saranno molti Stati africani. Secondo gli analisti di Goldman Sachs, nel 2050, l’Italia, che oggi è la decima economia al mondo, uscirà dai primi 15 posti della classifica.

Nella lista delle prime economie della terra entreranno due nazioni africane: l’Egitto si piazzerà in decima posizione e la Nigeria al quindicesimo posto. Guardando ancora più in là, nel 2075 la Nigeria balzerà al quinto posto assoluto delle economie più forti mentre Il Cairo sarà settimo. Le sfide sono tante e gli intrecci in un continente enorme, che per di più è già da tempo soggetto alle influenze di Cina e Russia, sono complessi. Per questo è importante arrivare preparati agli appuntamenti con il futuro.

In questa direzione guarda il nuovo «Piano Mattei» presentato dalla Premier Giorgia Meloni a fine gennaio nel vertice Italia-Africa di Roma che si è tenuto di fronte ai rappresentanti delle principali istituzioni mondiali (dall’Onu, al Fmi), dei vertici europei e di 46 Stati africani. L’iniziativa è stata valutata da diverse angolature e le critiche non sono mancate, a cominciare da quella sull’esiguità della dote finanziaria di poco più di 5 miliardi.

Giorgia Meloni ha parlato di un «piano concreto di interventi strategici concentrato su poche, fondamentali, priorità di medio e lungo periodo». Le priorità individuate sono cinque: istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua ed energia. Gli interventi dovranno essere finalizzati ad «aiutare il continente a crescere e prosperare partendo dalle sue immense risorse», ha detto la Premier. I dettagli svelati sono ancora pochi. Certo è che l’iniziativa mostra una visione strategica di lungo periodo che ambisce a scrivere una pagina nuova nelle relazioni tra i due continenti.

In primo piano c’è senz’altro anche la proiezione di un’Italia che si sta sempre più trasformando in hub per l’approvvigionamento energetico di tutta l’Europa. Una dimensione che il nostro Paese ha guadagnato dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e lo spostamento del baricentro energetico europeo da Est a Sud con una nuova centralità per il Mediterraneo e per i porti italiani. Occorrerà vedere come il piano sarà messo a terra. In passato, altrettanto ambiziosi progetti come il Piano Marshall di Angela Merkel del 2017 hanno dato pochi frutti.

In ogni caso, il Piano Mattei dovrà inserirsi in un quadro più ampio di iniziative esistenti dell’Unione Europea. Per sottolineare questo aspetto, al vertice erano presenti i presidenti delle tre maggiori istituzioni europee. In più, durante il summit, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha citato la ben più ampia strategia di sviluppo infrastrutturale ed energetico europea, che si chiama Global Gateway, che per l’Africa prevede investimenti per 150 miliardi di dollari. Di sicuro, il progetto rappresenta un’occasione per l’Europa intera che potrà cercare di gestire meglio i flussi migratori, oltre che provare a esportare imprese e beni rivolti a una classe media africana che è in costante crescita.

Il Piano italiano, sulle orme dell’omonimo piano sviluppato negli anni ’50 da Enrico Mattei, dovrà però anche lavorare a una maggiore indipendenza energetica europea contribuendo allo stesso tempo a far crescere l’Italia e l’Europa sul piano economico e internazionale. Per riuscire nell’intento dovrà riuscire ad accorciare le distanze tra le due coste promuovendo però una nuova visione strategica e di sviluppo fondata sul progresso, sulla crescita reciproca e sulla collaborazione. 

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