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Ogni volta che un neo presidente sale alla Casa Bianca esaminano con attenzione tutta la serie di segnali utili a definire quello che sarà il futuro dell’economia e dei mercati. Nei suoi primi tre mesi di presidenza Joe Biden ha offerto risposte innovative e molto ambiziose, mostrando chiaramente l’impegno nel voler dare un grande slancio riformatore al Paese. A beneficiarne saranno anche i mercati globali.

Il quadro richiede di agire in fretta

Focus

«Non c’è neanche un minuto da perdere»

Erano state le prime parole pronunciate dal 46° Presidente Usa al suo insediamento. Da quel momento Biden ha tenuto l’acceleratore sempre premuto al massimo.

Il passo è così deciso che per qualche osservatore, Biden è sulla strada giusta per diventare il più grande presidente dai tempi di Franklin D. Roosevelt, il leader che con il suo «New Deal» riuscì in una trasformazione radicale dell’economia degli Stati Uniti. Proprio come ai tempi del «New Deal», il quadro contingente richiede di agire in fretta. Nella lotta al virus ha raggiunto (e doppiato) molto prima di quanto promesso l’obiettivo dei 100 milioni di americani vaccinati nei primi 100 giorni di mandato. Secondo le previsioni, ai ritmi attuali, la popolazione americana sopra i 16 anni sarà vaccinata già entro la fine di agosto. Non c’è però soltanto l’emergenza sanitaria.

L’America oggi è in difficoltà economica e si è scoperta fragile. Per curare i danni provocati dalla pandemia Biden ha subito varato un pacchetto di stimoli da 1.900 miliardi di dollari. Il più grande piano di aiuti economici della storia degli Stati Uniti offrirà contributi diretti a molte famiglie, rinforzerà i sussidi di disoccupazione e contribuirà a creare milioni di nuovi posti di lavoro. A questo maxi-piano ha fatto seguito un massiccio programma di investimenti nelle infrastrutture che al proprio interno contiene anche un programma sociale e verde. La dote da 2.250 miliardi, ancora in discussione, sarà utilizzata per un 15% per i classici progetti infrastrutturali come la costruzione di strade, ferrovie e aeroporti. Il resto dei soldi dovrà, invece, correggere le storture negli Usa e accelerare l’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. L’«American Jobs Plan» si concentrerà, infatti, sul contrasto alle disuguaglianze aumentando gli sforzi nell’assistenza all’infanzia, nelle case di cura e nell’istruzione pubblica per fare qualche esempio.

Darà però anche vigore alla transizione energetica in corso e sarà alla base di quella rivoluzione verde che sta molto a cuore a Biden tanto da averlo spinto a riportare gli Usa nel perimetro degli accordi di Parigi già nei primissimi gironi del suo mandato. Seguendo il «Green New Deal» di Biden, gli Stati Uniti dimezzeranno le emissioni di gas serra prima del previsto, già entro il 2030. Più di 600 miliardi di dollari saranno così destinati alla mobilità verde, alle abitazioni ad alta efficienza energetica e a tutte le tecnologie pulite e rispettose che dovranno dare un nuovo volto ai consumi di energia Usa. Il risultato sarà uneffetto volano su tutta l’economia e sull’occupazione. Ma dove prendere i soldi necessari per finanziare tutti questi cambiamenti?

La ricetta di Biden, già annunciata in campagna elettorale, è quella di aumentare le tasse, e non di poco. Fra le proposte in discussione c’è l’incremento delle imposte sui capital gain, che potrebbero quasi raddoppiare per chi guadagna più di un milione l’anno, salendo al 39,6%. È un obiettivo che intimorisce i mercati tuttavia secondo Goldman Sachs, alla fine, prevarrà il compromesso e questa tassazione sarà limitata al 28%. In ogni caso gli operatori sanno bene che in Borsa questo tipo di misure hanno le gambe corte e sono concentrati più che altro sui nuovi record messi a segno da Wall Street anche in risposta ai piani per l’economia. Non c’è alcuna garanzia che Biden riesca ad attuare pienamente i suoi progetti. Tuttavia le possibilità che il percorso vada a buon fine sono grandi. Anche perché per convincere della propria visione anche gli americani più conservatori, Biden sta cercando di conquistare gli altri grandi Paesi industrializzati e punta a persuaderli a muoversi nella stessa direzione.

Per esempio con una tassazione globale dei colossi tech ma anche con la spinta a più investimenti nel clima. Su questo fronte è chiamata in causa soprattutto la Cina, un rivale ancora più pericoloso dopo la pandemia. Nel frattempo anche grazie alle maxi spese in arrivo, nel 2021 gli Usa vedranno una delle più forti crescite della loro economia. Il Pil del Paese è atteso in salita dell’8% già nel corso di quest’anno (la Cina invece dovrebbe aumentare dell’8,5%) e del 4% nel 2022 dopo il -4,5% del 2020. Significa che gli americani avranno una crescita media annua del Pil sopra al 2,5% sui tre anni fino al 2022. L’andamento trainerà anche le altre economie del globo e in particolare quelle dell’Europa ancora una volta frenata da burocrazie e divisioni interne.

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