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Ludovica Favarotto
ISPI Junior Research Fellow 

Investimenti record, incentivi fiscali e joint venture stanno rivoluzionando la politica industriale del Paese. Ma crescono i dubbi su consumi e impatto ambientale.

La base dell'IA

Focus

L'intelligenza artificiale per Trump

Nell’attuale fase di rivoluzione tecnologica Trump considera l’intelligenza artificiale un asset fondamentale per la competitività economica e la sicurezza nazionale.

In tutto il mondo milioni di server lavorano 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per elaborare i modelli di base e le applicazioni di apprendimento automatico su cui si fonda l’intelligenza artificiale (IA). Spesso descritti come la “spina dorsale dell’economia digitale”, i data center sono destinati a registrare una crescita significativa, trainata dalla domanda di servizi di cloud computing e dall’adozione di modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM). Con il crescente utilizzo dell’IA ad alto consumo energetico da parte di individui e imprese, le principali aziende tech hanno iniziato a investire somme ingenti in queste infrastrutture.

Negli Stati Uniti il boom dei data center – considerati il segmento più dinamico del settore immobiliare commerciale – ha assunto un’intensità particolare: si stima che l’espansione della capacità di calcolo nel Paese richiederà oltre 500 miliardi di dollari di nuovi investimenti. L’amministrazione Trump 2.0 si è già attivata per sostenere questa espansione, sia attraverso iniziative istituzionali come l’AI Action Plan sia tramite il supporto a iniziative private come Stargate.

Tuttavia, man mano che i modelli IA diventano più sofisticati, il fabbisogno di energia e acqua da parte dei data center aumenta, suscitando preoccupazioni nei mercati e tra le comunità locali. È in questo contesto che è emersa la cosiddetta “politica dei data center” negli Stati Uniti. 
 

Data center a stelle e strisce


L’avanzamento dell’intelligenza artificiale sta trasformando il panorama industriale statunitense: negli ultimi anni si è registrato un forte aumento degli investimenti mirati allo sviluppo di software avanzati, alla produzione di semiconduttori e, naturalmente, alla realizzazione di data center.

Benché già leader indiscusso del mercato, gli USA fanno segnare una rapida crescita della produzione di dati che spinge la capacità dei propri server verso nuovi obiettivi. Secondo le stime, infatti, il Paese ospita circa 4.165 strutture (dato di novembre 2025) in grado di garantire connettività, ridondanza e servizi cloud senza precedenti. Si tratta di un valore quasi dieci volte quello registrato in Germania e nel Regno Unito – rispettivamente il secondo e il terzo mercato per dimensioni – a testimonianza della portata e della maturità dell’ecosistema digitale americano. Nessun altro Paese ha investito così tanto nell’espansione della propria capacità di calcolo, un primato dovuto anche alla convergenza di vantaggi geografici, economici e tecnologici che hanno reso possibile un ambiente ideale per la proliferazione di queste strutture.

Secondo uno studio dell’American Investment Council (AIC), dal 2020 sono stati investiti oltre 1.000 miliardi di dollari in infrastrutture dedicate all’IA. Di questi, la spesa per la costruzione di nuovi data center ha raggiunto il massimo storico di 40 miliardi di dollari annualizzati nel giugno del 2025 (dati US Census Bureau), segnando un aumento del 30% rispetto all’anno precedente. In questo scenario emergono i data center hyperscale, ovvero quelle strutture fisiche tramite cui le aziende tech (noti anche come “hyperscaler”) offrono grandi quantità di potenza di calcolo e storage su vasta scala. Alphabet, Amazon, Meta e Microsoft sono esempi emblematici: negli ultimi anni hanno investito miliardi di dollari per potenziare la gestione dei carichi di lavoro connessi all’IA. Secondo Bloomberg Economics, entro il 2030 le Big Tech investiranno globalmente fino a 4mila miliardi di dollari in infrastrutture per l’IA, di cui oltre il 40% sarà destinato agli Stati Uniti. 

Questi investimenti stanno già avendo effetti macroeconomici misurabili. Si stima che, senza la spesa per le “infrastrutture IA” e l’incremento del patrimonio familiare derivante dai titoli azionari “ad alto valore” ad essa collegati, il PIL statunitense nella prima metà del 2025 sarebbe cresciuto solo dell’1%, invece che dell’1,6%. Secondo Bloomberg, l’impatto dell’IA sulla crescita del PIL potrebbe arrivare fino a 1,5 punti percentuali nel 2026, sostenuto anche dall’aumento degli investimenti degli hyperscaler, che passeranno da 400 a 600 miliardi di dollari.

L’industria beneficia di decenni di investimenti pubblici e privati volti allo sviluppo delle fonti energetiche, delle reti in fibra ottica e della logistica. Stati e amministrazioni locali competono attivamente per attrarre nuovi progetti, offrendo significativi incentivi come esenzioni fiscali sull’acquisto di terreni, infrastrutture e apparecchiature informatiche. Stati come Virginia, Texas e Arizona hanno creato apposite “zone di sviluppo economico” dedicate alla costruzione di nuove strutture denominate “Data Center Alleys”. La Virginia settentrionale, l’esempio più eclatante, ospita oggi il più grande cluster al mondo. Un caso notevole di partenariato pubblico-privato è quello dell’Ohio: negli ultimi anni lo Stato ha quadruplicato la propria capacità di calcolo grazie a una serie di incentivi, tra cui progetti di investimento ad hoc, formazione della forza lavoro e programmi di energia rinnovabile. L’Ohio inoltre offre esenzioni fiscali parziali o totali alle aziende che effettuano ingenti investimenti sul territorio, nonché sgravi fiscali a lungo termine sulle proprietà.
 

Hyperscaler e Stargate


L’onda dell’IA generativa, iniziata nel 2023, ha innescato una corsa senza precedenti tra le principali aziende tecnologiche per costruire l’infrastruttura portante dell’IA negli Stati Uniti. Questo incremento della spesa in infrastrutture digitali è considerato da molti il ciclo di investimenti più aggressivo nel settore tech dai tempi del boom della telefonia mobile alla fine degli anni Ottanta.

Poco dopo il suo insediamento, il presidente Donald Trump ha annunciato lo Stargate Project, un’iniziativa infrastrutturale su larga scala guidata da OpenAI e Softbank. Con un budget totale di 500 miliardi di dollari distribuiti in quattro anni, la joint venture mira a costruire data center di nuova generazione per rafforzare l’ecosistema americano e, più in generale, posizionare il Paese come leader indiscusso nella corsa globale all’IA. Secondo l’amministrazione, questo progetto non solo sosterrà la reindustrializzazione degli USA, ma fornirà anche una capacità strategica per proteggere la sicurezza nazionale e degli alleati. Lo stesso presidente lo ha definito “il più grande progetto di infrastruttura digitale nella storia del Paese”.

La governance del progetto è affidata a una coalizione industriale: OpenAI si occupa dello sviluppo operativo, mentre SoftBank supervisiona la strategia finanziaria. Tra i partner figurano anche Microsoft, Arm, NVIDIA e Oracle; questi ultimi due collaborano con OpenAI per lo sviluppo e la gestione del sistema informatico. Inoltre, OpenAI e Oracle hanno firmato a loro volta un accordo per aggiungere 4,5 gigawatt di capacità al progetto, con investimenti previsti per oltre 300 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi cinque anni. Separatamente, la società immobiliare Related Companies ha stanziato oltre 7 miliardi per costruire un importante cluster in Michigan – ad oggi uno dei suoi progetti più ambiziosi – che fornirà a Stargate oltre un gigawatt di capacità di calcolo. 

Per quanto concerne l’implementazione, un primo pacchetto di 100 miliardi di dollari – finanziato da SoftBank, OpenAI, Oracle e MGX – è stato stanziato per la costruzione di due strutture all’avanguardia ad Abilene (Texas), destinate a supportare la ricerca di OpenAI sui modelli avanzati. Inoltre, sono stati individuati altri cinque siti nel sud-ovest e nel Midwest del Paese che ospiteranno data center di nuova generazione e infrastrutture energetiche di supporto. Insieme ai lavori già avviati con CoreWeave, la capacità complessiva di Stargate si avvicina oggi a 7 gigawatt, con un investimento totale stimato di oltre 400 miliardi di dollari nei prossimi tre anni.

Nonostante la joint venture appaia estremamente ambiziosa sulla carta, sono emersi diversi disaccordi tra i partner, specialmente riguardo all’ubicazione degli impianti e alla collaborazione pratica. Queste difficoltà sembrano aver causato ritardi significativi nella tabella di marcia, tanto da far sorgere dubbi sul progresso dell’iniziativa, nonostante le rassicurazioni pubbliche delle aziende coinvolte.
 

Competizione a gomiti stretti


Sebbene Stargate abbia catturato l’attenzione dei media, la concorrenza si sta facendo sempre più agguerrita. Meta sta costruendo quello che potrebbe diventare il più grande data center dell’emisfero occidentale: un progetto da 10 miliardi di dollari nel nord-est della Louisiana, che beneficia di generosi incentivi statali. L’azienda californiana ha anche raccolto 29 miliardi da società di credito private per espandere le operazioni dei propri data center, inclusa una nuova intesa ventennale per alimentare le proprie iniziative con energia nucleare proveniente dall’Illinois. Nel frattempo, xAI di Elon Musk sta portando avanti un progetto da 12 miliardi di dollari per costruire un’infrastruttura IA su misura. A luglio, in occasione del Pennsylvania Energy and Innovation Summit, è stato presentato un piano di investimenti privati da 90 miliardi di dollari, destinato anche ai data center. Il pacchetto include 25 miliardi di dollari da Alphabet e altri 25 miliardi da Blackstone. Quest’ultima, che ha investito nel settore circa 100 miliardi tra acquisti e prestiti, considera i data center tra i suoi “investimenti a più alto rendimento”. Nel frattempo, Dominari Holdings ha lanciato American Data Centers, Inc. (ADC), un’impresa di calcolo ad alte prestazioni (HPC) volta a rafforzare l’ecosistema nazionale. Il progetto vede la partecipazione diretta della famiglia Trump.

Parallelamente all’aumento degli investimenti, si è assistito anche a un’impennata delle operazioni di fusione e acquisizione (M&A). Giganti di Wall Street come KKR, BlackRock e Blue Owl hanno complessivamente investito centinaia di miliardi di dollari nel settore. Un esempio significativo è l’Artificial Intelligence Infrastructure Partnership (AIP), lanciata nel 2024 da BlackRock, Global Infrastructure Partners, MGX e Microsoft – a cui si sono successivamente unite NVIDIA e xAI – con l’obiettivo di espandere la capacità dell’infrastruttura IA americana e di promuoverne i vantaggi economici. Lo scorso mese, AIP ha annunciato l’acquisizione di Aligned Data Centers, società controllata da fondi infrastrutturali gestiti da Macquarie Asset Management, per circa 40 miliardi di dollari (includendo il debito oggetto del deal). In attesa dell’approvazione normativa, questa operazione si colloca già tra le più significative del settore. Un’altra tendenza emergente è la collaborazione tra società di private equity e fondi infrastrutturali per finanziare operazioni di grandi dimensioni, come l’investimento da 9,2 miliardi di dollari di DigitalBridge Group e Silver Lake in Vantage Data Centers nel 2024.
 

Le ambizioni di Trump


Il 23 luglio 2025 la Casa Bianca ha emesso l’ordine esecutivo “Accelerating Federal Permitting of Data Center Infrastructure” con l’obiettivo di snellire la procedura di approvazione dei data center di grandi dimensioni (ovvero quelli che consumano più di 100 megawatt), riducendo gli ostacoli burocratici e accelerando il rilascio delle autorizzazioni federali. L’ordine esecutivo inoltre assegna priorità ai progetti con investimenti in conto capitale superiori a 500 milioni di dollari. Contemporaneamente, la Casa Bianca ha pubblicato una roadmap per la diffusione dell’IA (“Winning the Race: America’s AI Action Plan” o AI Action Plan), che definisce i data center e le industrie correlate – i semiconduttori e gli impianti per il trasporto e la generazione di energia ad alta tensione – come una “priorità nazionale”. Nell’ambito del Pilastro II (“Build American AI Infrastructure”), il piano prevede la deregolamentazione e il potenziamento della rete elettricaper garantire la leadership statunitense e soddisfare la crescente domanda di energia. Si stima, infatti, che entro il 2030 i carichi di lavoro legati all’IA costituiranno il 70% del consumo energetico totale.

La posizione di Washington è dunque chiara: massimo sostegno al settore privato in materia di investimenti e sviluppo interno. Gli hyperscaler hanno beneficiato di ampie esenzioni tariffarie sull’importazione di server e hardware destinati ai data center, almeno per ora. Allo stesso tempo, l’amministrazione mira ad attrarre sempre più investitori stranieri, offrendo permessi accelerati e altri incentivi per i progetti che superano il miliardo di dollari. Questo approccio sta dando i suoi frutti: nel dicembre 2024 Softbank ha annunciato un piano di investimenti da 100 miliardi di dollari incentrato sull’IA per tutto il mandato di Trump. Il mese successivo, il presidente americano ha annunciato un pacchetto di investimenti da 20 miliardi di dollari da parte di Damac Properties – società del miliardario emiratino Hussain Sajwani – per la costruzione di data center nel Paese. Secondo l’amministrazione, la prima fase interesserà otto Stati caratterizzati da una combinazione di mercati elettrici regolamentati e deregolamentati. Più di recente, la US Steel – acquisita da Nippon Steel per 14,1 miliardi di dollari lo scorso giugno – ha dichiarato che produrrà su larga scala acciaio di alta qualità per i data center statunitensi.

Questa linea politica segna un netto allontanamento dall’amministrazione Biden, che aveva previsto rigorosi requisiti in materia di “diversità, equità e inclusione” (DEI) e di tutela dell’ambiente. Al loro posto, la strategia Trump 2.0 privilegia la flessibilità, la rapidità e la scalabilità industriale, un chiaro segnale di come Washington consideri questo settore un pilastro portante della leadership tecnologica americana. 
 

Sfide all’orizzonte


Se da un lato la potenza di calcolo diventa sempre più sofisticata, dall’altro aumentano i consumi. La disponibilità energetica rappresenta ormai uno dei limiti all’espansione dei data center. I livelli di potenza assorbita sono impressionanti: nella contea di Santa Clara gli oltre 50 data center presenti consumano il 60% del fabbisogno energetico locale. Secondo quanto riportato dall’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) nel World Energy Outlook 2024, nel 2023 gli investimenti di Google, Microsoft e Amazon nei data center hanno ampiamente superato quelli delle industrie petrolifere e del gas statunitensi. Nell’ultimo decennio l’utilizzo di energia elettrica è passato dal 2% al 5% del totale nazionale e, secondo le stime potrebbe raggiungere il 10% entro il 2030. Secondo McKinsey, nei prossimi 5 anni queste infrastrutture potrebbero coprire oltre il 14% della domanda elettrica nazionale – pari al fabbisogno di sei città americane. 

A fronte delle difficoltà che le reti energetiche americane stanno incontrando per soddisfare la domanda, molte aziende tech cercano soluzioni alternative. In particolare, gli hyperscaler stanno stipulando accordi a lungo termine nel settore delle fonti rinnovabili, investendo in piccoli reattori modulari e stringendo partnership con le reti elettriche locali. Nel marzo 2025 Amazon Web Services ha acquisito un cluster di data center da 960 MW di Talen Energy in Pennsylvania, garantendosi così energia nucleare a un prezzo fisso. Meta, invece, ha annunciato l’intenzione di acquistare energia solare da un impianto in Texas, mentre è in costruzione una centrale elettrica alimentata a gas naturale nell’ambito di Stargate. Sul fronte normativo, la direzione politica intrapresa sembra essere orientata soprattutto verso i combustibili fossili. Con Trump 2.0 le energie rinnovabili diventano “spazzatura” e le normative ambientali in grado di ostacolare la costruzione di data center vengono smantellate. L’AI Action Plan sollecita le aziende a sviluppare energia in loco e a privilegiare opzioni come il gas, il nucleare e il geotermico.

Tuttavia, crescono anche le preoccupazioni dei cittadini. Molti americani temono che il boom dei nuovi data center possa provocare un aumento delle bollette e mettere a dura prova le risorse idriche. Un’analisi di Bloomberg News ha dimostrato che oggi, in alcune aree limitrofe a tali strutture, l’elettricità può costare fino al 267% in più per un singolo mese rispetto a cinque anni fa. Secondo le previsioni della IEA, circa la metà della crescita della domanda di elettricità americana entro il 2030 sarà attribuibile proprio dai data center.

Gli Stati Uniti sono dunque a un nuovo bivio nella corsa all’intelligenza artificiale. Una sfida che non si basa più esclusivamente sullo sviluppo di modelli avanzati, ma anche sulla necessità di infrastrutture digitali adeguate. Nonostante le crescenti sfide, dalla stabilità degli investimenti (si moltiplicano le speculazioni su una possibile “bolla IA”) al consumo di risorse, fino all’impatto sociale, la priorità della Casa Bianca resta la leadership globale del settore. Per i privati, il messaggio è chiaro: costruire rapidamente, costruire su larga scala e allinearsi agli obiettivi nazionali.

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