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Lorenzo Borga
Sky Tg24
A volte, le parole contano più di tutto il resto. È il caso del World Energy Outlook, il rapporto annuale pubblicato dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), l’appuntamento fisso per analisti e governi come bussola sulle ultime tendenze globali.
In queste pubblicazioni, quali il World Energy Outlook, a contare non sono solo i numeri, ma anche e soprattutto la rilevanza data agli argomenti e la scelta delle parole con cui sono presentati. Il filo conduttore dell’edizione 2025 - resa pubblica il 12 novembre - è senza dubbio la sicurezza energetica. Il direttore esecutivo Fatih Birol nella sua prefazione la individua infatti come la principale sfida dei nostri giorni, dal momento che l’energia è ormai un’arma della contesa per l’egemonia globale: “mai prima d’ora le tensioni avevano coinvolto così tante fonti e tecnologie contemporaneamente”, ha scritto. Solo in coda all’intervento trova invece spazio la lotta al cambiamento climatico, che a detta dello stesso Birol sta ricevendo sempre meno attenzione nell’agenda politica internazionale.
In effetti il riposizionamento, non certo limitato alla IEA, è chiaro nei numeri. Quest’anno l’espressione “energy security” compare ben 92 volte, in media ogni quattro pagine (tabelle escluse). Mai così tante nell’ultimo decennio, al di fuori del 2022 quando l’invasione russa dell’Ucraina impose al centro delle agende politiche la crisi del gas europea. Allo stesso tempo, la frequenza nei rapporti della IEA dei riferimenti al cambiamento climatico si è sensibilmente ridotta.
Il cambio di tono e focus dell’Agenzia internazionale dell’energia è frutto del mutato contesto geostrategico. I rubinetti chiusi del gas russo verso l’Europa, il sabotaggio di gasdotti e altre infrastrutture, le misure cinesi di controllo all’export di terre rare, le sanzioni occidentali sul greggio russo: sono tutti eventi che hanno segnato il mercato internazionale dell’energia, su cui le politiche (policy) hanno un peso sempre maggiore. Ma è innegabile che la stessa politica (politics) entra ormai a gamba tesa anche nel dibattito di organizzazioni internazionali e think tank.
Non è un mistero che l’amministrazione americana abbia sottoposto a notevoli pressioni la IEA perché abbandonasse le posizioni più incisive sul riscaldamento globale e portasse, invece, l’attenzione sulla sicurezza delle filiere energetiche. Svariati esponenti del Partito repubblicano avevano minacciato nei mesi scorsi di cancellare i finanziamenti americani all’agenzia. Lo stesso segretario USA all’Energia, Chris Wright, ha definito “completamente nonsense” la stima della IEA - contenuta fino al rapporto 2024 - di un picco della domanda di petrolio prima della fine del decennio. Le pressioni hanno funzionato: da quest’anno la IEA è tornata a pubblicare i risultati di un vecchio modello, abbandonato nel 2020 sulla spinta di campagne ambientaliste. Questo parte dall’ipotesi di un congelamento delle attuali politiche energetiche per i prossimi 25 anni (e dunque l’assenza di ogni progresso). In questo caso l’agenzia prevede che la domanda di petrolio e di gas, invece che scendere, continuerà a salire ben oltre il 2050. Per quanto nello stesso rapporto la IEA abbia pubblicato anche altri risultati meno drastici - frutto di modelli differenti - il significato politico di tale previsione è evidente.
Nel rapporto 2025 inoltre si mette in chiaro che, anche nello scenario più ottimistico (e oggi irrealistico) di azzeramento netto delle emissioni globali, saranno necessari ulteriori investimenti sugli impianti di estrazione e raffinazione dei combustibili fossili. In particolare, per contrastare la perdita di efficienza dei giacimenti di petrolio e gas e di alcuni impianti, come i terminali di gas liquefatto o le centrali termoelettriche, e garantire così un margine di sicurezza al sistema energetico durante la transizione. Toni molto diversi da quelli del 2021, quando il direttore Birol dichiarava che “se i governi sono seri sulla crisi climatica, non possono portare avanti alcun nuovo investimento su petrolio, gas e carbone, da ora in poi”.
L’attenzione dedicata alla sicurezza non è tuttavia di per sé antitetica agli sforzi necessari a contrastare e mitigare il cambiamento climatico. La resilienza delle reti, l’autonomia e la stabilità dei prezzi offerte dalle fonti rinnovabili e dal nucleare sono elementi chiave sia della transizione sia della sicurezza energetica. I due obiettivi camminano assieme: il cambiamento climatico non può essere affrontato senza garantire sicurezza al sistema, la sicurezza energetica semplicemente resta un miraggio senza mantenere sotto controllo il riscaldamento globale.
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