C’è chi insegue il rendimento aumentando il peso azionario. E chi invece opta per bond lunghi e rischiosi.
Banker alle prese con i l tasso zero.
Le pressioni deflattive che sfiancano la crescita in Europa, e la reazione ultra-espansiva della Banca centrale europea per rivitalizzare le aspettative sull’andamento dei prezzi al consumo, hanno compresso i rendimenti obbligazionari, complicando la vita ai gestori di portafogli. Se solo un anno fa i Btp a 10 anni rendevano il 4,5% (in termini nominali, con un’inflazione che viaggiava allo 0,7% su base annua) oggi sono al 2,3% (qui valore nominale e reale pressoché coincidono). E sulle scadenze più brevi c’è davvero poco valore, se si considera che fino a cinque anni i nostri titoli di Stato rendono meno dell’1%.
Dilemma
Come si risolve il dilemma dell’investitore, che non vorrebbe fare rinunce sul piano dei guadagni ma senza stravolgere la propria esposizione al rischio? La verità è che in uno scenario drogato dalla liquidità in eccesso, valutazioni tirate in molti segmenti e a sconto solo se ci sono ottime ragioni perché i prezzi siano stracciati, è difficile trovare idee forti. Bisogna lavorare sulle sfumature. Ma le ricette degli operatori non sempre coincidono.
Andrea Rotti, direttore investimenti gestioni patrimoniali di Ersel non gira troppo attorno alla questione: «L’investitore che non vuole rinunciare a un dato livello di redditività dovrà accettare un incremento di volatilità. La maggiore rischiosità dei portafogli, però, determina a sua volta la necessità di allungare l’orizzonte temporale di riferimento». (...)
Rotti (...) suggerisce di introdurre titoli in valuta estera, in modo che l’eventuale apprezzamento della divisa possa rimpolpare rendimenti cedolari troppo magri: l’esempio citato è quello del debito emergente denominato in valuta forte (dollari americani in particolare).
Estero
Molti analisti, infatti, danno il cambio euro dollaro a quota 1,20 nei prossimi 6-12 mesi, con un potenziale apprezzamento del 5% legato al solo movimento della divisa americana. Per gli asset in euro, la preferenza di Ersel va ai titoli high yield con durata finanziaria ridotta, per beneficiare di un maggior rendimento ferma restando una parziale protezione contro il rischio tassi.
In vista dei nuovi Citywire Italia Wealth Awards, che si terranno l’11 giugno a Palazzo Parigi a Milano, Citywire Italia ha intervistato Federico Taddei, Direttore Private Banking Ersel.
Federico Taddei, Direttore Private Banking Ersel, parla ad AdvisorOnline di numeri, strategia e differenza di Ersel. Qui coordina i circa 80 wealth manager della banca più orientata verso la clientela con patrimoni finanziari superiori ai 500.000 euro.
Passione per l'imprenditorialità e collegamento immediato tra investimenti ed economia reale sono le motivazioni principali che indirizzano le grandi famiglie italiane e i family office verso strumenti come i club deal. Andrea Rotti, Amministratore Delegato Ersel, ne parla a Il Sole 24ORE.
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