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Federico Taddei
Intervista a
Direttore Private Banking
Fonte

We Wealth

Pag. 42/43 - del 01-apr-2022
Chi fa squadra per scommettere sulle startup

I club deal consentono di partecipare all'investimento in giovani imprese o operazioni immobiliari di alto prestigio. L'intermediario agisce da facilitatore, presentando un dossier e invitando un gruppo selezionato di clienti. Il ruolo dei servizi fiduciari. Parla delle regole di ingaggio e le best practice di Ersel Federico Taddei, Direttore Private Banking.

Nella seconda metà del diciannovesimo secolo hanno iniziato ad affermarsi negli Stati Uniti. Ma solo negli ultimi cinque anni hanno conosciuto una vera e propria accelerazione anche in Italia. Sia in termini di numero di operazioni che di settori coinvolti. I club deal, anche noti come sindacati d'investimento, puntano oggi su quello che Federico Taddei definisce il "genio imprenditoriale italico". Aprendosi non solo alle scale up fino a 100 milioni di fatturato, ma anche ad aziende a fatturato zero.

"La clientela si mostra sempre più interessata al mondo delle startup (più o meno seed). Principalmente per i seguenti motivi: la diversificazione del portafoglio, l'interesse a investire in asset tangibili, gli incentivi fiscali e la possibilità di investire in iniziative internazionali", spiega a We Wealth Taddei. Ma puntare sull'economia reale non è sempre alla portata di tutti. Anche per una questione di carattere economico, se si pensa al taglio d'ingresso milionario. I club deal, in questo contesto, consentono in parte di scavalcare quest' ostacolo. Si tratta di un'associazione composta da investitori che decidono di riunirsi per acquistare quote di partecipazioni e azioni di una società (spesso startup o imprese ad alto potenziale di crescita), che da soli non riuscirebbero a sostenere.

Nel caso di Ersel questa forma d'investimento si rivolge principalmente a "investitori professionali, imprenditori attivi o che, cedute le aziende, hanno interesse a continuare a investire nell'economia reale, professionisti e manager", spiega Taddei. Soggetti, aggiunge, che "conoscono molto bene il mondo del venture capitar e che vedono nel club deal l'opportunità di diversificare gli investimenti su mercati privati "con potenziali di crescita in alcuni casi particolarmente attrattivi". "Ricevendo dossier da molte controparti, portiamo all'attenzione della nostra clientela le iniziative più interessanti per la presenza di lead investors, per settore di business, per innovazione e per coinvolgimento dei founder", continua Taddei.

"Dal momento che questa attività viene svolta su base opportunistica non abbiamo vincoli settoriali. In generale piace molto ciò che è fintech, l'healthcare, e tutto ciò che è B2C". Ersel, spiega, ha infatti finora favorito club deal su aziende molto diverse tra loro per settore, dimensione, fatturato e fase di sviluppo del business. Si tratta di operazioni di seed capital con aziende a fatturato zero (di fatto dei "veri e propri progetti", racconta Taddei), passando ad operazioni di startup (fino 5 milioni di fatturato), scale up (fino a fino 50-100 milioni di fatturato) fino ad arrivare a Lbo. Solo in quese ultimo caso, precisa Taddei, si tratta di società con un margine operativo lordo positivo mentre le altre "sono quasi sempre a Ebitda negativo". Quanto al ticket d'investimento, invece, oscilla tra i 500mila e i 2 milioni di euro per ogni singolo round. Coinvolgendo dalle poche unità fino a 50 investitori.

"Fondamentale per il nostro approccio al venture capital è il servizio di Simon Fiduciaria. Grazie a Simon, il Gruppo Ersel è stato first mover in Italia nell'utilizzo del veicolo fiduciario per operazioni di club deal, permettendo agli investitori di partecipare a round di raccolta anche con importi contenuti e dall'altro alle società di mantenere la cap-table molto sottile, risparmiando incombenze amministrative che possono risultare onerose", continua Taddei. In Italia, aggiunge, negli ultimi cinque anni abbiamo assistito a un incremento nel numero delle operazioni in tal senso e all'ampliamento progressivo dei settori coinvolti: dall'insurtech & fintech al food & agritech, dall'health care & biotech al digital, fino alle fonti di energia rinnovabile.

"Questa crescita è avvenuta inizialmente grazie agli incentivi fiscali", spiega Taddei, ma "un ruolo chiave lo stanno avendo la qualità delle proposte e la spinta di founder e imprenditori visionari come nella migliore tradizione del genio imprenditoriale italico". Senza dimenticare i benefici per le imprese oggetto delle operazioni che possono trovare equity per finanziare gli investimenti e accedere ad un network di soggetti qualificati per accrescere il proprio business. [...]

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Federico Taddei

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