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Paola Giubergia
Intervista a
Responsabile relazioni esterne di Ersel
Fonte

La Repubblica

PAG. 9 - del 29-apr-2023
Non cambierei mai Torino, ma serve più rete

"Il bello aiuta, cercare di vedere il lato bello delle cose aiuta". Paola Giubergia lo spiega salendo e scendendo per le scale del centro della Fondazione Paideia. Le ha frequentate fin da bambina. "Per me questa è casa", racconta a La Repubblica, mentre si siede a uno dei tavoli del bar al piano terra dello storico edificio di via Moncalvo 1, a due passi da via Villa della Regina, sopra la Gran Madre.

«Io abitavo qui davanti. E in questo palazzo c'erano le suore tedesche. Ho fatto l'asilo, le elementari e le medie. Grembiule nero d'ordinanza, s'intende. Ma bei ricordi. E siccome vivevo qui davanti, le suore mi facevano presentare tutte le recite. Ero sempre qui. Quando hanno deciso di lasciare abbiamo pensato che questo era il posto ideale dove costruire il primo centro Paideia».

Oltre 2.500 metri quadri di servizi per il sostegno e la riabilitazione dei bambini con disabilità. La villa storica è stata restaurata, il complesso anni '60 abbattuto e rifatto da zero. Non solo ambulatori, ma laboratori dedicati al gioco e allo sport, aperti a tutti, oltre a proposte formative e per il tempo libero pensate per l'intera famiglia. E in più una caffetteria, una piscina, un'area giochi, un giardino multisensoriale, una sala per le feste di compleanno.

«Qui è un posto dove accogliere la famiglia. La disabilità manda le persone in crisi, i genitori si sentono soli, non sanno cosa fare. Noi li accogliamo, li sosteniamo, li aiutiamo per tornare ad avere una vita normale». Un giorno si può fare un picnic, un altro si può andare al Teatro Regio, oppure in fattoria, organizzare la Festa di Natale, vedere uno spettacolo al Carignano o visitare le Ogr. «Ora seguiamo 900 famiglie in vario modo e con diversa intensità. In questo modo si conoscono, stanno insieme. I genitori non si rinchiudono in loro stessi e fanno rete», racconta Giubergia. E aggiunge: «Fare rete è fondamentale per me».

 

Lo scorso anno, accanto agli uffici Ersel a Milano, ha aperto una sede Paideia. L'idea è quello di replicare il modello?


«Vedremo, intanto ci siamo, un passo alla volta». sottolinea. «Io sono di Torino, vivo a Torino, mi piace Torino, città che è nel mio cuore. Certo, quando vado a Milano mi viene un po' di pepe, e poi torno a Torino», spiega gustando un piatto di bresaola. Gli occhi brillano, si percepisce la voglia di progettare e realizzare. Le occasioni non mancano. Paola Giubergia è Responsabile delle relazioni esterne di Ersel, una delle più importanti società di gestione patrimoni e banca di investimento privata, con più di 20 miliardi di asset dei clienti, nata nel 1936 come studio Giubergia Agenti di Cambio. Un nome che a Torino, e non solo, pesa.

«Siamo una famiglia normale», replica. Oltre a essere consigliere della Fondazione Paideia, siede anche nel consiglio generale della Compagnia di San Paolo. «Una bellissima esperienza - rimarca - in Compagnia ci sono persone capaci. C'è chi pensa che la Fondazione eroghi e basta, non è così. Anzi, quello che conta, che fa la differenza, è il riuscire a dare una mano a realizzare e portare avanti i progetti». A Torino «si riescono a fare molte cose, è una città che risponde bene ai bisogni, si inventano progetti unici, si danno risposte alle necessità delle persone. Soprattutto nel campo del sociale. Insomma, tantissime potenzialità, solo dovrebbe vendersi un po' meglio».

Ricorda il progetto del brunch solidale organizzato negli spazi Ersel in collaborazione con la fondazione di Francesca Lavazza: i galleristi esponevano e con una parte dei ricavati si organizzavano viaggi a Eurodisney per i bambini. Esempio della capacità di lavorare insieme. I però non mancano, parlando di Torino: «Non cambierei Torino per nulla al mondo, ma i torinesi dovrebbero fare più rete tra di loro. L'unico momento in cui siamo riusciti a farlo è quando c'erano le Olimpiadi. Ecco per Torino 2006 era un'altra cosa. Si erano allargati gli orizzonti, la rigidità sabauda era venuta meno, lasciando spazio all'orgoglio sabaudo. Peccato che ora non si possa fare un bis dei Giochi».

Giubergia è anche consigliera della Fondazione Renzo Giubergia, nata in memoria del padre e per valorizzare giovani talenti musicali e organizzare concerti in luoghi simbolo di Torino.

[...]

 

Insomma, è servito il lato buono della finanza?


Domanda che non indispettisce Giubergia: «Per anni abbiamo tenuto separate le questioni. Per non fare confusione. Per me non è il lato buono della finanza, ma è la finanza che aiuta la fondazione, che è privata, nata e cresciuta grazie alla famiglia. Non ci sono doppi fini. Abbiamo iniziato 30 anni fa, ora invece le fondazioni nel sociale iniziano ad essere molto diffuse nelle grandi aziende. E per andare avanti bisogna comunque inventarsi sempre cose nuove, fare fundraising». E poi aggiunge: «Ripeto, siamo una famiglia normale». Non ha studiato economia, ma architettura. E dopo la laurea avrebbe voluto andare a lavorare alla Rinascente di Milano.

«Mio padre mi ha detto meglio che apri un negozio qui. Così è nata l'attività di arredi e oggetti per la casa in via Lagrange, ma non quella pedonale di oggi, quella meno modaiola e trafficata», ricorda. E poi: «Avevo 24 anni. Mio padre, quando finiva di lavorare, mi dava una mano a portare i pacchi». Negozio che è rimasto aperto per 19 anni. «Nel frattempo ho fatto due figli, il mercato è cambiato e nel 2002 abbiamo chiuso anche perché volevo provare nuove strade. E il ruolo della madama proprio non mi si addice». Quando è stata aperta la nuova sede Ersel di Piazza Solferino il padre la ingaggia: «Mi è capitata questa occasione, mi sono messa in gioco e da quel momento ho iniziato un nuovo percorso».

 

Un problema essere "figlia di" in Ersel?


«Un pizzico di fatica non lo nego. Con mio fratello il rapporto è ottimo, ma è stato un grande privilegio essere la figlia di mio papà. Persona eccezionale, un uomo illuminato. Sono stata fortunata».

Intervista a
Paola Giubergia

Paola Giubergia

Responsabile relazioni esterne di Ersel
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La Repubblica

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