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Carlo De Vanna
Intervista a
Team Investimenti Equity Italia
Fonte

Focusrisparmio.com

del 21-giu-2021
De Vanna (Ersel):

Il fondo Leadersel PMI - Equity Italia, Pir compliant, ha realizzato un rendimento del 24% da inizio anno. Per generare alpha si punta sul bilanciamento tra titoli a piccola, media e alta capitalizzazione a seconda delle fasi di mercato.

"Abbiamo questa strategia da quasi sei anni, un portafoglio sull'azionario italiano in cui abbiamo volutamente giocato sull'idea che un unico fondo investisse esplicitamente il 50% in small cap e il 50% in large cap. Ma queste proporzioni non sono stabili, e vengono rimodulate in base alle fasi di mercato". È questa la strategia di fondo illustrata da Carlo De Vanna, co-gestore del fondo Leadersel PMI Classe B, il fondo Equity Italia di Ersel.

"Si è trattato di una scelta ragionata, basata sulla considerazione che negli ultimi anni le small cap hanno spesso battuto l'indice principale, e quindi avere un sovrappeso sui titoli a minore capitalizzazione paga in termini di performance, ma che ci sono pure fasi in cui puntare sulle piccole è un handicap", osserva De Vanna. Per questo motivo - prosegue - "abbiamo deciso di tenerci le mani libere per avere una maggiore o minore esposizione alle small cap, ma in maniera trasparente. Rendendo noto che il fondo privilegia le minori o le maggiori capitalizzazioni in base alla situazione del momento, ai multipli, ai driver di mercato, alla composizione degli indici". Il mercato italiano vive oggi un momento di riscoperta: secondo il sondaggio di BofA tra i gestori europei, l'Italia è oggi il mercato azionario preferito tra gli addetti ai lavori: il 27% dei fund manager interpellati ha dichiarato di voler sovrappesare l'equity italiano, in rialzo dal 18% di giugno. Il fondo Leadersel PMI Classe B, che è Pir compliant e ha masse in gestione per 145 milioni di euro, ha realizzato un rendimento del 24% da inizio anno. 

Avete già usato questa leva del ribilanciamento del fondo Leadersel PMI – Equity Italia?

In questi anni abbiamo in effetti già vissuto le situazioni “estreme” che immaginavamo di poter sperimentare, e c’è sia stato il momento in cui abbiamo avuto una componente di small cap di quasi il 70%, così come quello in cui sono state le large cap a rappresentare quasi il 70% del portafoglio. E in entrambi casi ha funzionato.

In particolare, quando sono nati i Pir tra il 2017 e l’inizio del 2018 (e abbiamo reso il fondo Pir compliant) ci siamo resi conto che ci sarebbe stato un forte afflusso verso le small cap, quindi ci siamo posizionati al massimo sui titoli a minore capitalizzazione (con un peso del 68-69%, per l’esattezza). Viceversa, nella fase in cui la raccolta dei Pir aveva frenato e si era vista una riscoperta del settore bancario (poco rappresentato tra le small) abbiamo spostato il peso verso le grandi capitalizzazioni.

Quali sono le caratteristiche specifiche delle small cap che le rendono un universo così interessante?

L’indice delle bluechip è dominato da titoli finanziari e utility, mentre le industrie pesano molto poco, e non rappresenta l’economia del Paese, che è costituita soprattutto da PMI manifatturiere dedite all’export. Quelle aziende sono invece rappresentate negli indici a minore capitalizzazione, delle mid e small cap, ed lì che andiamo a pescare. In Italia ci sono aziende medio-piccole che sono leader di mercato assoluti nei loro campi, e che crescono a tassi ben più vigorosi rispetto a quelli del Pil italiano grazie alle esportazioni.

Quali sono i fattori che terranno banco sul mercato nei prossimi mesi?

L’azionario italiano in questo momento sta godendo di un ritorno di fiducia sul Paese, grazie al governo di Mario Draghi e ai fondi che arrivano dall’Ue. Mi aspetto che questa fase di maggiore benevolenza possa continuare o addirittura aumentare, perché iniziamo a vedere afflussi di esteri (grandi fondi Usa soprattutto), attirati anche dal fatto che il nostro mercato è interessante a livello di multipli rispetto a quello statunitense. D’altro canto, tuttavia, questa fiducia ce la dovremo meritare, e una volta ottenuti i fondi dovremo spenderli bene. Questo fattore è da monitorare con attenzione, perché se il mercato nutrirà dei dubbi sulla nostra capacità di spendere bene i soldi lo pagheremo. Noi comunque abbiamo una view moderatamente positiva, e riteniamo che arriveranno altri soldi sull’equity italiano.

Come siete posizionati al momento?

Siamo molto esposti sui titoli industriali, soprattutto queste aziende medio-piccole leader di mercato di cui ho appena accennato; siamo lunghi anche su cemento e costruzioni; e  sui titoli dei financial services, non i titoli bancari ma quelli a supporto del settore bancario (gestione di servizi, NPL, carte di credito), tutto un mondo che viene trainato dalla ristrutturazione del sistema bancario ma senza condividere i rischi dei titoli bancari tout court. Siamo invece corti sui titoli difensivi, su Pharma, su lusso, e sui titoli più sensibili ai tassi di interesse.

E sul mix small-large?

Adesso siamo su 60% small (intendiamo small, circa 15%, e mid cap, intorno al 45%) e 40% large. Ma siamo anche sui massimi di valutazione relativa delle small cap rispetto alle large cap, non lontani dai massimi raggiunti all’epoca del lancio dei Pir. Come indicatore di valutazione confrontiamo il Ftse Mid Cap con l’indice bluechip e vediamo che una sovraperformance delle piccole c’è da sempre. Si parla di una naturale tendenza delle small cap a sovraperformare, per i motivi spiegati in precedenza. A livello di multipli, le small hanno sempre trattato a sconto o in linea con le large, mentre ora scambiano con un premio del 15%. Non siamo ancora in area di pericolo ma è un aspetto che va considerato. Non si può far finta di niente, anche perché le capitalizzazioni inferiori sono anche meno liquide quindi un riposizionamento del portafoglio richiede tempo. Man mano che le small cap continueranno a sovraperformare, di riposizioneremo sui titoli più grandi.

A parte il discorso della migliore rappresentatività del tessuto economico e dei tassi di crescita dovuti all’export, ci sono degli aspetti specifici per cui ultimamente le small cap stanno andando meglio?

Beh, un’altra ragione importante è che abbiamo avuto molte OPA su titoli quotati, che più spesso hanno coinvolto titoli più piccoli, anche perché spesso sulle grandi ci sono interessi strategici dal punto di vista nazionale che rendono più difficili operazioni di questo tipo.  Proprio per questo motivo, nell’alleggerimento di cui parlavamo prima occorrerà stare molto attenti, per non rischiare di uscire proprio da uno di questi titoli che potrà essere oggetto di una prossima operazione.

Ma ci sono ancora “gioielli nascosti”? O con questa riscoperta del mondo small sono stati coperti tutti i cosiddetti gap informativi che creano minore interesse sulle piccole?

Il mondo delle medie capitalizzazioni è ben conosciuto e ha anche una copertura di analisti adeguata, quindi mi verrebbe da dire che su questi titoli clamorose sottovalutazioni non ci sono più. Ma nel mondo dei titoli piccoli e piccolissimi, che sono circa un centinaio, allora ci sono dei casi di sottovalutazione e di scarsa copertura. Lì il vantaggio di seguire il mercato italiano dall’Italia gioca un ruolo importante, perché possiamo scoprire dei gioielli nascosti e muoverci prima che vengano scoperti, guadagnando poi quando il mercato acquista consapevolezza sul titolo.

L’aspetto interessante è che negli ultimi anni la composizione degli indici è diventata molto dinamica, anche soltanto ogni trimestre, con i titoli che escono per effetto delle Opa, che provocano un continuo ricambio, e nuovi ingressi dal basso di titoli negli indici a maggiore capitalizzazione. È una sorta di staffetta dove ciascuno può prendere un pezzo del valore, cavalcando il percorso di un’azienda a seconda della sua fase di crescita.

Usate derivati?

Il fondo di cui stiamo parlando è un fondo long only. Ma abbiamo una strategia gemella, anche questa Pir compliant dal 2017, un fondo flessibile con una cinquantina di milioni di euro di masse in gestione, che investe negli stessi titoli ma usa derivati per fare hedging dei rischi e sta facendo molto bene (oggi è investito al 100%).

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Carlo De Vanna

Carlo De Vanna

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