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Nel corso dell’ultimo mese, l’economia statunitense ha mostrato segnali di resilienza su più fronti, pur in un contesto di accresciuta incertezza geopolitica e politica fiscale. Gli attacchi israeliani in Iran hanno temporaneamente accentuato le tensioni globali, ma l’impatto macroeconomico diretto sugli Stati Uniti è stato finora limitato, con una risposta contenuta da parte di Teheran e una stabilizzazione relativamente rapida dei prezzi del petrolio. Il rischio geopolitico resta comunque elevato e continua a influenzare le aspettative sugli sviluppi economici futuri, specialmente in relazione alle prospettive d’inflazione e all’equilibrio tra crescita e politica monetaria. Dal punto di vista congiunturale, i dati sull’inflazione hanno fornito un parziale sollievo ai policymaker: il CPI core è aumentato del 2,79% su base annua, al di sotto delle attese, mentre l’indice PPI al netto di alimentari ed energia ha mostrato un incremento mensile limitato (+0,1%). Tuttavia, questa discesa dell’inflazione potrebbe avere natura transitoria, legata a dinamiche di smaltimento scorte o a una strategia difensiva da parte delle imprese, intenzionate a mantenere la competitività in un contesto instabile. Il mercato del lavoro si conferma solido, con i nuovi posti di lavoro non agricoli in crescita di 139.000 unità nel mese di maggio, un dato che, pur rappresentando una lieve decelerazione rispetto al mese precedente, ha comunque superato le attese degli analisti. La tenuta dell’occupazione resta uno degli elementi chiave che sorreggono i consumi e la fiducia, in un quadro che vede però aumentare i rischi fiscali. L’approvazione da parte della Camera del cosiddetto Big Beautiful Bill ha riacceso i riflettori sulla traiettoria del debito pubblico: la misura, secondo il Congressional Budget Office, comporterà un aumento del debito federale di circa 2.400 miliardi di dollari nel prossimo decennio, alimentando un deficit già oggi intorno al 7% del PIL, un livello inconsueto in condizioni di piena occupazione. La Federal Reserve, nel meeting di giugno, ha mantenuto i tassi invariati, proseguendo con l’approccio prudente del “wait and see”. Tuttavia, le nuove proiezioni del dot plot hanno rivelato un orientamento marginalmente più restrittivo: se per il 2025 restano previsti due tagli dei tassi (in linea con le attese di mercato), per il 2026 è atteso un solo taglio, contro i due previsti in precedenza. Inoltre, la revisione al rialzo delle stime di inflazione core PCE e il contestuale ribasso di quelle sulla crescita indicano una crescente attenzione ai rischi di natura esogena, come il riaccendersi di tensioni commerciali e i riflessi delle crisi geopolitiche.
In Europa, il quadro macroeconomico rimane fragile, anche se non privo di segnali incoraggianti. L’inflazione core continua la sua discesa: nel mese di maggio si è attestata al 2,29% annuo, sotto al consensus e a conferma di una tendenza disinflazionistica che ha convinto la Banca Centrale Europea a proseguire il ciclo di tagli, con l’ultimo intervento che ha portato il tasso di riferimento al 2%, probabilmente il tasso neutrale. Le previsioni aggiornate confermano un ritorno dell’inflazione al target del 2% già nel 2025, con una temporanea discesa all’1,6% nel 2026. Dal lato dell’attività economica, i segnali restano misti. I PMI mostrano un rallentamento dell’economia dell’area euro: il dato composite si è attestato a 50,2, appena sopra la soglia di espansione, ma con una performance del settore dei servizi in contrazione (49,7), che ha controbilanciato il graduale miglioramento del manifatturiero (49,4). La divergenza tra i due settori suggerisce una dinamica di rallentamento selettivo, dove la ripresa dell’industria si scontra con una domanda ancora debole nei servizi. La BCE ha cercato di bilanciare l’azione di sostegno con un tono più prudente nei commenti della presidente Lagarde, che ha segnalato come il margine per ulteriori tagli dei tassi sia limitato. Il mercato ha recepito questo messaggio con una revisione al ribasso delle aspettative: attualmente si prevede un solo ulteriore taglio entro la fine dell’anno. La banca centrale sembra dunque intenzionata a muoversi con cautela con un approccio simile all’americano “wait and see”, una volta raggiunto il tasso neutrale.
Malgrado le evoluzioni relativamente positive nelle discussioni con gli Stati Uniti, i dati economici in Cina rimangono deboli. Il PMI manifatturiero, pur rimanendo in area di contrazione dove era sceso lo scorso mese, è salito a 49,5 nella rilevazione di maggio, mentre si colloca in territorio di più marcata discesa il PMI Caixin (più legato a società esportatrici) che è sceso a 48,3 (il maggior declino da settembre 2022, che lo porta in area di contrazione per la prima volta in 8 mesi). Sempre preoccupante è poi il trend sull’inflazione: sia l’indice CPI che il PPI sono scesi ulteriormente in territorio negativo, segnalando che il deflatore del PIL resterà sottozero per il nono trimestre consecutivo. Malgrado il miglioramento negli aggregati monetari, si conferma la riluttanza delle autorità di Pechino a varare uno stimolo più deciso a sostegno dell’economia
In Giappone la Banca Centrale continua ad essere sottoposta a pressioni ed esigenze diverse: l’aumento dell’inflazione richiederebbe una politica monetaria restrittiva, ma il forte rialzo dei tassi di interesse sui titoli di stato a lunga scadenza e l’ammontare del debito pubblico impongono grande cautela nelle decisioni; ad oggi sembra prevalere l’attenzione nei confronti dei mercati obbligazionari, con un approccio molto prudente sia sul livello dei tassi ufficiali, sia nella riduzione della liquidità offerta dal bilancio della stessa BOJ.
Nel periodo, l’S&P 500 ha messo a segno un rialzo dell’ 1,6% in dollari, trainato in particolare dai settori Telecomunicazioni, Health Care e Tecnologia. Più contenuti i guadagni in valuta locale sugli altri mercati: l’indice MSCI Europe ha chiuso con un progresso dello 0,3%, mentre l’MSCI Emerging Markets ha registrato un +1,3%. All’interno di quest’ultimo, si è distinto il mercato coreano, che ha guadagnato oltre il 12% grazie al forte rally seguito ai risultati delle elezioni presidenziali.
Passando al comparto obbligazionario, dopo il movimento al rialzo del periodo precedente, i rendimenti governativi sono scesi sebbene permanga un’elevata volatilità per il timore di un generale aumento della spesa pubblica, soprattutto negli Stati Uniti dove l’approvazione alla camera del “big beautiful bill” ha rinnovato i timori sulla traiettoria del debito federale. I tassi dei titoli decennali statunitensi e tedeschi sono scesi nel periodo rispettivamente di 15 e 20bps, tornando in area 4,4% e 2,5%. Questo movimento ha favorito le performance del comparto governativo dei paesi sviluppati, con l’indice delle obbligazioni sovrane globali che, nel periodo, ha guadagnato l’1,1% in valuta locale. Poco variati nel periodo gli spread di credito tanto nella componente high yield quanto in quella investment grade. Positive, infine, le obbligazioni dei paesi emergenti, con l’indice hard currency in salita dell’1,5% e quello local currency (espresso in USD) in salita di oltre il 3%.
In ambito valutario, il movimento più rilevante è l’ulteriore deprezzamento del dollaro che segnala il rischio di una progressiva messa in discussione della valuta americana nei portafogli degli investitori malgrado un differenziale di tasso generalmente favorevole. Nel periodo, il biglietto verde ha registrato una flessione del 2,1% nei confronti dei principali partner commerciali (indice DXY) e un calo più marcato del 2,6% rispetto all’euro. Da sottolineare, infine, la forte risalita del petrolio con il prezzo del Brent in crescita dai 63$ ai 75$ barile a causa dei forti rischi associati allo scoppio del conflitto tra Israele e Iran. L’accresciuta incertezza geopolitica ha ulteriormente favorito l’oro in risalita di un ulteriore 6% nel periodo.
La FED ha sia lo spazio, sia la credibilità per intervenire, ma i rischi inflazionistici legati alla politica dei dazi e ad un’escalation nel conflitto mediorientale rendono probabile un suo intervento solo in risposta a un marcato peggioramento delle condizioni finanziarie e/o del mercato del lavoro, due scenari che sarebbero chiaramente negativi per gli asset di rischio.
L’eccezionalismo dell’economia americana non è scomparso, tuttavia la legge di bilancio in corso di approvazione aumenta le preoccupazioni su traiettoria di deficit (ai massimi storici fuori da una recessione) e debito pubblico. In questo contesto, il rischio di una crescente sfiducia verso la sostenibilità del debito USA e, più in generale, verso gli asset denominati in dollari, conferma la necessità di una maggiore diversificazione geografica nei portafogli.
L’incertezza non consente di fare previsioni sul calo degli utili aziendali che devono essere ancora rivisti e saranno meno facilmente prevedibili: la nostra valutazione è che continuiamo a non essere remunerati a sufficienza per incrementare la quota azionaria ed andare molto oltre la neutralità. Confermiamo dunque un approccio prudente alla costruzione di portafoglio: il profilo di rischio relativo dei prodotti rimane contenuto, con posizionamenti molto vicini agli indici di riferimento in termini di esposizioni alle principali asset class e con un maggiore equilibrio tra asset americani ed Europei. Per le strategie globali la maggior parte del rischio è ora concentrato in ambito valutario, in particolare attraverso una posizione di marcato sottopeso sul dollaro americano.
Più nel dettaglio i portafogli multiasset, mantengono un sovrappeso molto contenuto nella parte azionaria, con scostamenti limitati anche a livello geografico. All’interno della componente Europea la preferenza va al mercato italiano e a strategie flessibili capaci di muovere dinamicamente l’esposizione complessiva al mercato. Negli Stati Uniti, manteniamo scommesse limitate su tecnologia, finanziari e titoli a medio – piccola capitalizzazione. Rimaniamo cauti sui Paesi Emergenti, più sensibili ad un rallentamento del commercio internazionale e all’economia globale. Nella componente obbligazionaria, riteniamo che l’attuale livello dei tassi rappresenti una buona protezione in presenza di scenari avversi sulla crescita e manteniamo quindi una duration vicina ai parametri di riferimento (seppure in marginale diminuzione nell’ultima settimana), con un sottopeso limitato sulle curve americana, giapponese e inglese. Rimaniamo esposti ai titoli indicizzati all’inflazione negli Stati Uniti, pur con una marginale riduzione nell’ultima settimana, che dovrebbero offrire protezione nell’ipotesi di un’inflazione più persistente delle attese e visto l’elevato livello raggiunto dai tassi reali in una fase di deterioramento del quadro economico
Tra le strategie alternative, manteniamo l’esposizione a quelle dedicate al risk arbitrage convinti della ripresa del flusso di fusioni ed acquisizioni, affiancate da un certificato sulla volatilità dei tassi americani e dal fondo Ivct Global Rates che persegue una strategia global macro su tassi e valute.
Confermiamo, e abbiamo aumentato al margine, la posizione di marcato sottopeso sul dollaro americano. Riteniamo che la valuta americana possa rimanere sotto-pressione in una fase in cui il venir meno dell’eccezionalismo americano si accompagna a portafogli degli investitori internazionali ancora molto esposti agli asset in dollari. Per il resto, manteniamo un sottopeso sulle valute EM e una posizione 3% lunga JPY/USD.
Nell’ultimo mese il mercato azionario italiano, dopo aver toccato nuovi massimi ha corretto in particolare a causa dell’attacco israeliano in Iran ed al perdurare delle incertezze realtive ai dazi. A livello settoriale hanno performato male i ciclici ed i bancari anche i tecnologici ed agli automobilistici, mentre hanno sovraperformato i difensivi come utilties e farmaceutici.
Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati i petroliferi come Eni e Tenaris. Tra i peggiori troviamo i titoli della difesa come Leonardo, oltre a Mediobanca ed i titoli del lusso.
In questo contesto indichiamo di MANTENERE il peso della componente azionaria per Leadersel PMI; riteniamo che una quota di liquidità più ampia del solito possa permettere di gestire al meglio questa fase di incertezza. Fra i titoli a minore capitalizzazione continuiamo a concentrarci su quelli che presentano valutazioni interessanti e buone prospettive di crescita in un orizzonte di medio periodo.
Il mese di giugno è stato caratterizzato inizialmente dall’acuirsi della crisi in Medio Oriente, culminando con l’ingresso nel conflitto anche degli USA, ma poi da una progressiva riduzione delle tensioni, smorzate da interventi di rappresaglia puramente simbolici e da un generale miglioramento del clima con ulteriori accordi sui dazi messi a segno dall’amministrazione americana in altre aree a livello globale. Questo tipo di situazione ha riportato un clima di Goldilocks sui mercati, con la borsa americana che ha recuperato i massimi grazie alla tenuta del mercato del lavoro e all'inflazione in attenuazione. Questo contesto dovrebbe consentire alle principali banche centrali di attuare una completa normalizzazione dei tassi di riferimento, avvicinandoli progressivamente ai rispettivi tassi neutrali. In USA il decennale è sceso di circa 20 bps mentre in Europa è rimasto pressoché stabile, con gli spread che hanno continuato a restringere.
Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:
Stato | Indice | Variazione % dal 14/05/2025 al 19/06/2025 |
---|---|---|
STATI UNITI | DOW JONES | +0,3% |
STATI UNITI | S&P 500 | +1,5% |
STATI UNITI | NASDAQ | +2,1% |
GIAPPONE | TOPIX | +1,0% |
HONG KONG | HANG SENG | -1,7% |
TAIWAN | TAIEX | +1,0% |
KOREA | KOSPI | +12,8% |
MESSICO | BOLSA | -2,7% |
ARGENTINA | MERVAL | -10,3% |
BRASILE | BOVESPA | +0,2% |
INGHILTERRA | FTSE 100 | +2,4% |
GERMANIA | DAX | -2,0% |
FRANCIA | CAC 40 | -3,6% |
SVIZZERA | SMI | -2,1% |
ITALIA | S&P/MIB | -3,5% |
SPAGNA | IBEX 35 | -0,7% |
Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:
Stato | Variazione % dal 14/05/2025 al 19/06/2025 |
---|---|
STATI UNITI | +1,2% |
GIAPPONE | +0,2% |
INGHILTERRA | +2,0% |
AREA EURO | +1,1% |
Stato | Variazione % dal 14/05/2025 al 19/06/2025 |
---|---|
USD/EUR | -2,3% |
YEN/EUR | -1,7% |
GBP/EUR | -1,3% |
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