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Negli ultimi anni il mondo ha vissuto profondi cambiamenti. Pandemia, guerra, crisi energetica e ambientale hanno prodotto effetti sconvolgenti che si sono intrecciati tra loro e che adesso sono alla base di ulteriori trasformazioni. 

The age of reshoring

Focus

La transizione industriale

Per l’Occidente questo ripensamento economico (e politico) molto probabilmente si tradurrà in una nuova profonda transizione industriale. L’andamento si legge già nei primi numeri dei nuovi investimenti.

Pandemia, guerra, crisi energetica e ambientale hanno prodotto ulteriori trasformazioni. Il risultato è che all’orizzonte si stanno preparando nuove rotte. Tra quelle che si vanno affermando con più vigore c’è il fenomeno del reshoring, vale a dire il nuovo percorso di rientro in patria delle produzioni industriali precedentemente esternalizzate in Paesi a basso costo. Si tratta di un trend che era già in corso da diverso tempo ma a cui la pandemia e la guerra hanno impresso una forte accelerata. Adesso il ritmo degli investimenti è tale che gli esperti di economia parlano già di una nuova reindustrializzazione dell’Occidente. 

Per decenni, le aziende europee e statunitensi hanno trasferito all’estero stabilimenti e impianti. Più le attività erano ad alta intensità di capitale, più conveniva esternalizzare in aree come l’Asia. Alla base della gran parte delle scelte c’era la volontà di allontanarsi dai Paesi di origine dove la manodopera era diventata carissima, anche sull’onda del calo demografico. La strategia della delocalizzazione ha funzionato per molto tempo e le aziende hanno beneficiato di utili in crescita mentre allo stesso tempo l’inflazione bassissima le avvantaggiava. Con la pandemia questo meccanismo si è improvvisamente inceppato. Nuove e inaspettate variabili hanno fatto irruzione sulla scena e hanno cambiato il quadro generale.

Il primo colpo è arrivato dai lockdown e dalla paralisi del porto di Shanghai che ha provocato un terremoto nelle catene di rifornimento globale. Da un giorno all’altro le aziende si sono ritrovate in un mondo in cui l’approvvigionamento poteva durare mesi e non più ore come quando l’intero percorso di rifornimento era stato costruito. Subito dopo i lockdown è arrivato il conflitto tra Russia e Ucraina che ha fatto esplodere una grave crisi energetica e ha così reso meno conveniente la produzione in Paesi lontani. Non ci sono solo questi due aspetti: con le difficoltà create dalla pandemia e dalla guerra si è intrecciato anche il nuovo fenomeno della crescente automazione industriale e quello dei maggiori sforzi per l’efficientamento energetico delle imprese.

Si tratta di altri due trend che stanno rendendo sempre più conveniente la produzione in Occidente. Il risultato finale è che molte aziende hanno iniziato a riconsiderare la propria dipendenza dalle forniture estere e a pensare di riportare almeno parte della produzione in patria. Il tema riguarda più da vicino alcune industrie strategiche come quella dei semiconduttori e del settore della mobilità green

A fare da apripista in questa nuova transizione sono gli Stati Uniti: il Paese ha per primo intuito il nuovo corso e ha varato maxi programmi come il CHIPS and Science Act del 2022 e soprattutto il discusso Inflation Reduction Act (Ira) che è stato varato dall’amministrazione di Joe Biden con una dote di quasi 400 miliardi di dollari per favorire nuove tecnologie nel rispetto della protezione del clima, come ad esempio fabbriche di batterie, semiconduttori e auto elettriche. L’Europa non è rimasta a guardare e ha risposto con il Green Deal Industrial Plan, più debole ma che guarda nella direzione giusta nel cercare di rafforzare l’industria locale mentre c’è attesa per il Net Zero Industry Act che dovrà essere la replica ai sussidi dell’Ira.

A ciò si aggiungono programmi di investimento come l’European Chips Act da 43 miliardi di euro, che mira a raddoppiare la capacità europea di produzione di microchip entro il 2030. Sia gli Stati Uniti, sia l’Europa stanno investendo pesantemente in programmi di rafforzamento dell’industria sul posto e si stanno sforzando di ridurre le dipendenze dalle forniture estere. Sarà però importante muoversi con lo stesso passo. Il timore è che sorgano nuovi contrasti anche a causa dei pesi diversi. Occorrerà mettere nel mirino le opportunità: nonostante la concorrenza potenziale, entrambi i blocchi economici hanno anche l’occasione di collaborare e coordinare le proprie politiche per affrontare insieme le sfide del mercato globale. Alla fine, la reindustrializzazione dell’Occidente potrebbe rappresentare un passaggio epocale per creare economie più sostenibili e resilienti.

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