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Corriere della Sera

CORRIERECONOMIA - PAG. 28 - del 09-mag-2011

I grandi cambiamenti, si sa, sono possibili soltanto sotto l'urgenza di una necessità impellente. E la crisi economica e finanziaria esplosa nel 2008 ha costretto i private banker italiani e internazionali ad adattare le proprie strutture - organizzative, consulenziali e di prodotto - alle nuove necessità de clienti.

Una recente ricerca dell'Aipb, l'associazione italiana private banking, indica che la crisi ha portato a un rafforzamento della quota di mercato delle business unit, ovvero di quelle divisioni specializzate nel private banking promosse da banche o società di asset management.

La loro quota è passata, infatti, dal 51,7% del 2007 al 54,6% del settembre 2010. In questo stesso arco di tempo è leggermente diminuita la fetta gestita dalle società che appartengono a un gruppo bancario (dal 33,4% al 31,7%) mentre rimangono sostanzialmente stabili, al 13,6%, le masse totali amministrate dai private "puri", ovvero le società indipendenti che non si occupano di altro che di far fruttare e proteggere la ricchezza dei propri clienti. (...)

Tra i campioni del private banking indipendente, invece, Fabrizio Greco, direttore generale di Ersel, sottolinea che "i clienti private sono tipicamente multibancarizzati, si rivolgono in altri termini a più di un operatore di private banking, e sono quindi in grado di mettere a confronto il servizio ricevuto".

Un elemento che, a parere di Greco, premia la professionalità dei private banker indipendenti. (...) Aggiunge Greco "In questa fase di lenta uscita dalla crisi, caratterizzata da volatilità dei mercati e incertezza a livello globale, i clienti richiedono anzitutto un accurato controllo del rischio, un'informativa tempestiva, chiara e trasparente, servizi personalizzati".

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Corriere della Sera

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