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Si avvicina la fine dell’anno e gli occhi sono puntati sulle sfide all’orizzonte. Per l’Italia in primo piano c’è sicuramente la partita del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Un’occasione da non sprecare

Focus

L'obiettivo dell'Italia

Sullo sfondo di questa grande sfida posta dal Pnrr, c’è l’enorme debito del nostro Paese: per renderlo sostenibile occorrerà crescere più di quanto avvenuto negli ultimi vent’anni.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un’occasione storica per il rilancio del nostro Paese che sta per arrivare al giro di boa del suo primo anno di vita. Il successo di questo strumento sarà vitale per la costruzione di un’Italia nuova. Le aspettative sono grandi: l’ambizioso Programma dovrà rimuovere gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni e dovrà ridisegnare il Paese, rendendolo più equo, verde e inclusivo, con un’economia più competitiva, dinamica e innovativa.

Per questa ragione la progressiva implementazione del Pnrr viene monitorata con attenzione dagli operatori di mercato. La strada sarà però molto lunga: con la sua dote complessiva di 248 miliardi di euro (composta in larga parte dai 191,5 miliardi di capitali europei del Next Generation Eu), il Pnrr rappresenta un impegno di lungo termine che accompagnerà il nostro Paese per anni, fino alla fine del 2026. L’iter è partito nell’aprile scorso e le prime tranche di pagamenti sono già arrivate. Un po’ alla volta l’enorme macchina di aiuti e finanziamenti si è messa in moto.

Il bilancio di questo primo anno tende al positivo con molti degli obiettivi del 2021 già raggiunti o in dirittura d’arrivo. Una prima promozione è già arrivata dall’agenzia di rating Standard&Poor’s che di recente ha migliorato l’outlook sul nostro Paese. L’idea è di arrivare a una svolta epocale. L’obiettivo complessivo del Piano è di riuscire a raggiungere un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche dell’Italia.

Nel 2026 il Pil del nostro Paese dovrà essere infatti di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. In questo modo dovrebbe essere posto rimedio agli annosi problemi di crescita e di produttività dell’Italia che è ferma da due decenni: tra il 1999 e il 2019, il Pil è cresciuto in totale del 7,9%. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e del 43,6%.

L'aspetto del debito italiano è particolarmente importante in un contesto nel quale la politica monetaria della Banca centrale europea è destinata a diventare più restrittiva, con un probabile impatto sui tassi d’interesse finora mantenuti artificialmente bassi. I primi step del Piano hanno ricevuto consensi da più parti. 

Il percorso è però lungo e i rischi di intoppi non mancano. I timori sono focalizzati soprattutto sull’implementazione e sulla possibile incapacità operativa di attuazione dei programmi sul territorio, come già segnalato da alcune amministrazioni locali. Tradotto: c’è il pericolo che il tesoretto europeo faccia la fine di tutti gli altri fondi Ue, vale a dire che resti in parte inutilizzato.

Un altro rischio ancora riguarda il rispetto dei tempi fissati per portare a termine gli investimenti. I soldi della Ue vengono erogati ogni sei mesi ma solo se l’Italia ha raggiunto le tappe previste entro le scadenze fissate. Altrimenti i pagamenti possono essere ridotti o addiritturafermati. In più, ogni tappa è sottoposta a verifiche da parte dei burocrati europei che potrebbero bocciare i lavori e chiedere indietro i finanziamenti.

L’attenzione sarà alta in futuro. Il primo anno è arrivato quasi al termine senza grandi difficoltà. Ora la partita potrebbe diventare più difficile. Anche perché all’inizio del 2022 il tema del Pnrr si incrocerà con la corsa per il Quirinale. A garanzia del Piano e della sua opportuna attuazione c’è infatti il Presidente del Consiglio Mario Draghi che gode di una solida reputazione sia nel Paese, sia a livello internazionale. Una sua eventuale elezione al Colle potrebbe provocare delle crepe profonde nel percorso di attuazione del Pnrr. Il rischio è che la macchina smetta di correre e faccia degli stop indesiderati. A quel punto l’Europa potrebbe perdere la pazienza.

La reazione dai mercati non si farebbe attendere e i risvolti di possibili deragliamenti si vedrebbero subito sullo spread e sul mercato obbligazionario italiano. In altre parole, i Btp tornerebbero di nuovo in cima alla lista delle vendite e la fiducia nel nostro Paese finirebbe per essere compromessa. Invece della bramata rinascita, l’Italia si ritroverebbe a vivere un nuovo momento di forte difficoltà. E questa volta senza avere la Bce dalla propria parte.

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