Passa a
Il tema dei dazi resta centrale. Trump ha posticipato al 1° agosto la scadenza del 9 luglio per favorire nuovi accordi, ma ha anche inviato lettere ai partner commerciali annunciando dazi, in assenza di intese, su livelli pari o superiori a quelli previsti nel liberation date. Tra le misure annunciate, dazi del 30% su beni UE non già colpiti da tariffe (come acciaio, alluminio e auto) o in via di definizione. Goldman Sachs stima che, senza accordi, l’aliquota effettiva sui beni UE salirebbe così al 26% dall’8,5% fin qui applicato, con un impatto sul PIL europeo di -1,2% entro fine 2026. Possibili contro-dazi UE aumenterebbero il rischio di un’escalation difficile da prevedere. Il mercato sta reagendo in maniera molto composta a questa nuova alzata dei toni da parte dell’amministrazione US, leggendola come una tattica negoziale per arrivare ad accordi più vantaggiosi ma che comunque escluderebbero il worst-case scenario delineato sopra. Sul lato della politica fiscale, l’approvazione dell’OBBBA dovrebbe condurre ad un lieve stimolo nel 2026 (+0,3% del GDP) e restrittivo negli anni successivi. A supportare l’atteggiamento costruttivo degli investitori anche i dati di economia reale che negli Stati Uniti continuano a mostrare una buona resilienza, anche se un deterioramento nel mix di crescita e inflazione nella seconda parte dell’anno appare probabile. Nello specifico, stando al consensus bloomberg, la crescita QoQ SAAR negli ultimi due quarter del 2025 dovrebbe attestarsi intorno all’1%, per una crescita del 2025 pari all’1,5% (vs il 2,8% dello scorso anno). L’inflazione (core PCE) è attesa riportarsi invece sopra al 3%, rispetto al 2,8% del Q1 e al 2,7% atteso per il Q2. Ma il livello di incertezza su queste previsioni rimane estremamente elevato, dipendendo da scelte politiche e da effetti diretti e indiretti di dazi su scelte di consumatori e imprese difficili da stimare. Il deteriorarsi del mix tra crescita e inflazione continua a complicare l’azione della Fed, che mantiene un approccio attendista in attesa di sviluppi sui negoziati commerciali e di avere evidenza del loro impatto sull’economia. Il mercato prezza comunque poco meno di due tagli nell’ultimo trimestre di quest’anno. Resta da monitorare con attenzione il rischio di nuove pressioni politiche su Powell, il cui mandato scade la prossima primavera, con possibili reazioni disordinate su dollaro e tassi a lungo termine.
Alla fine di giugno, il governo tedesco ha approvato la seconda bozza del bilancio per il 2025 e ha pubblicato il piano fiscale a medio termine con proiezioni fino al 2029. Le stime implicano un aumento significativo del disavanzo federale nei prossimi anni. Il governo prevede un disavanzo del 3,3% nel 2025 e tra il 3,6% e il 3,8% negli anni successivi. Numeri incoraggianti anche dalle ultime rilevazioni dei PMI per l’area Euro, con i servizi che si sono riportati sopra area 50 e il composite che è salito al 50,6 dal 50,2 del mese precedente. La crescita attesa dal consensus per l’area EMU, pur in miglioramento, rimane tuttavia modesta: 1% nel 2025, 1,1% nel 2026 e 1,5% nel 2027. Nel frattempo, l’inflazione nell’area euro ha continuato a rallentare: a giugno l’indice headline si è attestato sul target del 2% della BCE, mentre l’inflazione core è rimasta stabile al 2,3%. La ECB dovrebbe essere al termine del proprio ciclo di tagli con il mercato che ad oggi sconta un solo ulteriore taglio tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2026.
Il PIL della Cina è cresciuto del 5,2% nel secondo trimestre, ovvero del 5,3% nella prima metà del 2025, grazie alla domanda esterna che continua a compensare la debolezza di quella interna. I problemi legati alla deflazione (-3,6% il dato di PPI di giugno, record negativo degli ultimi due anni) e alla scarsa domanda interna persistono, come dimostrato dai dati più recenti sulle vendite al dettaglio che, in termini nominali, sono aumentate del 4,8% su base annua a giugno, rispetto al 6,4% di maggio, al di sotto delle attese del 5,3%. Nella rilevazione di giugno il PMI manifatturiero è salito a 49,7 (vs exp 49.6 e 49.5 a maggio); meglio il PMI Caixin (più legato a società esportatrici) che dopo il crollo dello scorso mese è risalito a 50,4. Rimane alta la necessità di sostenere i consumi interni, più volte riconosciuta dalle stesse autorità cinesi ma finora affrontata con misure poco coraggiose. In questo contesto, sarà importante osservare la riunione del Politburo di fine mese e, soprattutto, il Quarto Plenum del XX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese previsto dopo l’estate. Un passaggio chiave sarà anche il lancio del 15° Piano Quinquennale, che sarà presentato a marzo 2026 e dovrebbe porre i consumi interni al centro delle priorità. La complessità della situazione giapponese, con l’aumento dell’inflazione che richiederebbe una politica monetaria restrittiva e il forte rialzo dei tassi di interesse sui titoli di stato a lunga scadenza e l’ammontare del debito pubblico che impongono grande cautela nelle decisioni, sono ulteriormente complicati dal quadro politico che verrà delineato con le elezioni del 20 luglio.
Nel periodo, l’S&P 500 ha messo a segno un rialzo del 4,8% in dollari, quasi arrivando a colmare (in valuta locale) il gap di performance con i mercati sviluppati ex-US. A trainare il risultato, i titoli della tecnologia con il Nasdaq a +6,1% e l’ottimo risultato delle Mag7 a +7,7%. Molto più contenuto il risultato delle azioni Europee (+0,5% l’MSCI Europe in local currency), appesantite da un’accelerazione al ribasso nelle stime utili per il quarter appena concluso su cui grava l’importante apprezzamento dell’euro. Migliore nel periodo il risultato delle azioni emergenti con l’MSCI Emerging Markets che, in valuta locale, ha guadagnato poco più del 4%, grazie al buon risultato della Cina e dei mercati più legati al settore della tecnologia come Taiwan e Corea del Sud.
Passando al comparto obbligazionario, nel periodo si è registrato un generale aumento dei rendimenti, soprattutto nei segmenti a lunga delle curve, in particolare in Europa dove la banca centrale si appresta a terminare il proprio ciclo di tagli e aumentano i segnali di un aumento della spesa fiscale per difesa e infrastrutture, a partire dalla Germania. Nello specifico, i tassi dei titoli decennali statunitensi e tedeschi sono saliti nel periodo rispettivamente di 6 e 19bps, tornando in area 4,5% e 2,7%. Questo movimento ha pesato sulle performance del comparto governativo dei paesi sviluppati, con l’indice delle obbligazioni sovrane globali che, nel periodo, ha ceduto lo 0,4% in valuta locale. In linea con la generale propensione al rischio degli investitori, nel periodo gli spread di credito hanno ulteriormente accentuato il movimento di restringimento, soprattutto nella componente high yield i cui spread sono scesi di circa 16bps sia in Europa che negli Stati Uniti. Positive, infine, le obbligazioni dei paesi emergenti, con l’indice hard currency in salita dello 0,8% e quello local currency (espresso in USD) in salita di quasi il 2%.
In ambito valutario, è proseguito il movimento di deprezzamento del dollaro anche per le rinnovate pressioni dell’amministrazione americana sull’azione della FED. Nel periodo, il biglietto verde ha segnato un calo dello 0,5% rispetto ai principali partner commerciali (indice DXY) e una flessione più marcata dell’1,4% contro l’euro. Da segnalare anche la discesa del prezzo del petrolio: il Brent è tornato intorno ai 66 dollari al barile, favorito dall’allentamento delle tensioni tra Iran e Israele. In lieve calo anche l’oro, che ha ceduto poco meno dell’1% nel periodo.
Come già evidenziato negli scorsi comitati, riteniamo che l’atteggiamento degli investitori sia particolarmente compiacente rispetto al contesto di grande incertezza e che le valutazioni correnti degli attivi di rischio offrano un limitato “margin of safety”. In questo senso, la rinnovata polarizzazione del mercato a favore degli Stati Uniti e, in particolare, delle grandi società della tecnologia, la persistente debolezza del dollaro e le pressioni al rialzo sui tassi a media e lunga scadenza rappresentano elementi di attenzione rispetto al possibile deterioramento del contesto di mercato. Le crescenti pressioni sulla FED meritano particolare attenzione in quanto potrebbero innescare reazioni disordinate su dollaro e tassi a lungo termine, al pari di quanto visto nel corso della primavera, in caso di cambiamenti percepiti negativamente dal mercato. La progressiva messa in discussione dell’eccezionalismo americano aumenta il rischio di una crescente sfiducia verso gli asset denominati in dollari e conferma la necessità di una maggiore diversificazione geografica nei portafogli.
Continuiamo a ritenere di non essere remunerati a sufficienza per incrementare la quota azionaria ed andare molto oltre la neutralità. Confermiamo dunque un approccio prudente alla costruzione di portafoglio: il profilo di rischio relativo dei prodotti rimane contenuto, con posizionamenti molto vicini agli indici di riferimento in termini di esposizioni alle principali asset class e con un maggiore equilibrio tra asset americani ed europei. Abbiamo inoltre aumentato la convessità del portafoglio a protezione di eventuali movimenti di correzione con l’avvicinarsi della data del 1° agosto e in coincidenza della minore liquidità che caratterizza i mesi estivi. La maggior parte del rischio relativo rimane concentrata in ambito valutario, in particolare con una posizione di marcato sottopeso sul dollaro americano.
Più nel dettaglio nei portafogli multiasset è stato chiuso il leggero sovrappeso in ambito azionario, passando ad un posizionamento prossimo alla neutralità, principalmente per effetto di una struttura in opzioni sull’indice S&P500 implementata intorno alla prima metà di luglio (PUT spread + vendita call per un’esposizione al delta attuale pari a c.a. -3% per Fondersel e -2% per Leadersel Total Return). Per il resto, gli scostamenti rimangono limitati anche a livello geografico: all’interno della componente Europea la preferenza va al mercato italiano e a strategia flessibili capaci di muovere dinamicamente l’esposizione complessiva al mercato. Negli Stati Uniti, manteniamo scommesse limitate su tecnologia, finanziari e mid-cap. Rimaniamo cauti sui Paesi Emergenti, più sensibili ad un rallentamento del commercio internazionale e all’economia globale. Nella componente obbligazionaria riteniamo che l’attuale livello dei tassi rappresenti una buona protezione in presenza di scenari avversi sulla crescita e manteniamo quindi una duration vicina ai parametri di riferimento, con un sottopeso limitato sulle curve US, UK e JP; rimaniamo esposti alle obbligazioni legate all’inflazione americane che dovrebbero offrire protezione nell’ipotesi di un’inflazione più persistente delle attese e visto l’elevato livello raggiunto dai tassi reali in una fase di deterioramento del quadro economico. Tra le strategie alternative, manteniamo la principale esposizione al risk arbitrage convinti della ripresa del flusso di fusioni ed acquisizioni. A questa posizione sono affiancate una posizione su un certificato sulla volatilità dei tassi US e il fondo Ivct Global Rates che persegue una strategia global macro su tassi e valute.
Confermiamo e abbiamo aumentato al margine la posizione di marcato sottopeso sul dollaro americano. Riteniamo che la valuta americana possa rimanere sotto pressione in una fase in cui il venir meno dell’eccezionalismo americano si accompagna a portafogli degli investitori internazionali ancora molto esposti agli asset in dollari. Per il resto, manteniamo un sottopeso sulle valute EM e una posizione 3% lunga JPY/USD.
Nell’ultimo mese il mercato azionario italiano si è mosso lateralmente, guidato dalle notizie riguardanti i dazi e le varie crisi geopolitiche.
A livello settoriale hanno performato male i petroliferi, gli automobilistici e le utilities, rispetto ai bancari ed ai ciclici.
Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati gli industriali come STM, mentre hanno sottoperformato le utilities come A2A ed Hera e gli automobilistici come Stellantis.
Testo in aggiornamento.
Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:
Stato | Indice | Variazione % dal 19/06/2025 al 18/07/2025 |
---|---|---|
STATI UNITI | DOW JONES | +5,1% |
STATI UNITI | S&P 500 | +5,3% |
STATI UNITI | NASDAQ | +6,9% |
GIAPPONE | TOPIX | +1,5% |
HONG KONG | HANG SENG | +6,8% |
TAIWAN | TAIEX | +6,3% |
KOREA | KOSPI | +7,1% |
MESSICO | BOLSA | +0,4% |
ARGENTINA | MERVAL | +0,5% |
BRASILE | BOVESPA | -3,8% |
INGHILTERRA | FTSE 100 | +2,3% |
GERMANIA | DAX | +5,3% |
FRANCIA | CAC 40 | +3,6% |
SVIZZERA | SMI | +0,9% |
ITALIA | S&P/MIB | +3,5% |
SPAGNA | IBEX 35 | +1,8% |
Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:
Stato | Variazione % dal 19/06/2025 al 18/07/2025 |
---|---|
STATI UNITI | +0,1% |
GIAPPONE | -1,0% |
INGHILTERRA | -1,2% |
AREA EURO | -0,6% |
Stato | Variazione % dal 19/06/2025 al 18/07/2025 |
---|---|
USD/EUR | -1,5% |
YEN/EUR | -3,5% |
GBP/EUR | -1,5% |
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