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Il commento mensile sull'andamento dei mercati realizzato dai fund manager di Ersel.

Quadro macro - Luglio 2024


Stati Uniti

Il mese di luglio è stato caratterizzato sia dal moderato rallentamento di inflazione e mercato del lavoro sia dagli sviluppi politici in America. I Nonfarm Payrolls di giugno hanno segnato un calo del numero di nuovi occupati a 206.000, sotto i 218.000 del mese precedente, ma sopra i 190.000 attesi dagli analisti. Il tasso di disoccupazione è salito al 4.1%, rimanendo tuttavia in prossimità dei minimi storici. L’indice dei prezzi al consumo anno su anno di giugno è uscito sotto le attese con il dato headline a 3.0%, segnando la prima variazione negativa (-0.1%) mese su mese da maggio 2020. In calo e sotto le attese anche il Core a 3.3% anno su anno con la componente alloggi che ha segnato il minimo incremento sul mese dal 2021. In calo anche vendite al dettaglio, ma superiori alle attese, così come la produzione industriale di giugno. Per quanto riguarda i sondaggi sulle prospettive economiche, abbiamo avuto un ISM manifatturiero sostanzialmente stabile a 48.5 con la componente prezzi pagati in calo a 52. In calo l’ISM sui servizi a 48.8 da 53.8 sotto le attese degli analisti. In attesa del FOMC del 31 luglio la Fed ha progressivamente adottato toni più accomodanti, a fronte dal moderato rallentamento di inflazione e crescita, portando il mercato a prezzare oltre 2 tagli per il 2024 con oltre il 95% di probabilità di osservare il primo a settembre.

 

Europa

Le preoccupazioni emerse dalle elezioni anticipate in Francia sono state in gran parte riassorbite a seguito della seconda tornata elettorale che ha visto emergere una compagine più debole ed eterogenea di quanto atteso, riducendo i timori legati alle misure più aggressive dalle frange più estreme. L’indice dei prezzi al consumo si è attestato al 2.5% sul dato headline e 2.9% sul dato core, entrambi sostanzialmente in linea con le attese e con il ritmo del mese precedente. Gli indicatori anticipatori hanno continuato a segnalare un manifatturiero in contrazione a 45.8 e servizi sulla neutralità a 52.3. I dati macroeconomici meno aggiornati hanno mostrato vendite al dettaglio in crescita dello 0.1% mese su mese dal -0.5% di aprile e una produzione industriale in calo a -0.6% sul mese su mese. Il mercato del lavoro è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso di disoccupazione sui minimi storici, al 6.4%. Nel meeting di luglio la BCE ha lasciato invariati i tassi di policy, come da attese, lasciando aperta la possibilità di ulteriori tagli, ma senza alcun pre-commitment, rimanendo nell’ambito di un approccio data dependent. Il mercato prezza quasi due tagli entro fine 2024 e una probabilità di poco inferiore al 80% di osservare il prossimo nel meeting di settembre.

 

Asia e Mercati Emergenti

Per la Cina la novità di maggior rilievo è stata sicuramente rappresentata dal Plenum del Partito Comunista, che ha affermato di perseguire “fermamente” il tasso di crescita per l’economia del Paese, anche se non ha dato indicazioni concrete sui mezzi per raggiungerlo. I mercati hanno accolto con freddezza la presa di posizione, ma bisogna tener conto del fatto che non è sicuramente questo il consesso in cui devono essere prese le decisioni specifiche e quindi non si può escludere che, al di là delle parole e soprattutto dei dati economici recenti che hanno confermato la debolezza dell’economia locale, ci possa essere nei prossimi mesi un trend di accelerazione. La Banca Centrale ha nel frattempo tagliato i tassi di interesse, ma anche questa decisione non è stata accompagnata da un recupero corale da parte dei diversi mercati finanziari locali. Il resto dell’universo emergente può essere favorito da una politica monetaria più accomodante da parte degli Stati Uniti, a fronte del rischio di una ripresa del protezionismo in caso di una piena vittoria dei Repubblicani alle elezioni di novembre. Il Giappone ha visto un discreto rimbalzo della divisa, sostenuta dagli interventi della Bank of Japan, che ha approfittato di una fase di debolezza del dollaro americano per effettuare un intervento più incisivo rispetto a quelli del recente passato.

Dall’ultimo comitato (18 giugno), gli attivi di rischio hanno segnato rialzi generalizzati in linea con l’imporsi di uno scenario di “soft landing” per l’economia americana. Portafogli costruite in base ai principali fattori economici e finanziari si sono mossi di anticipando le tendenze in atto sui dati macro con crescita ed inflazione in indebolimento.
  • Azioni: sulla componente azionaria l’S&P500 ha registrato nel periodo un rialzo in valuta locale del 3,3%, con un’interessante evoluzione in termini di capitalizzazione di mercato. A partire dal dato di CPI di giugno, c’è stata una netta inversione di tendenza nel rapporto tra large cap e small cap: se le prime (rappresentate dall’S&P500) avevano largamente sovraperformato fino a quel momento, le seconde (Russell 2000) hanno segnato un netto recupero nelle giornate successive al dato di inflazione, chiudendo il periodo con una performance relativa vicina al +9% (pur rimanendo ancora indietro da inizio anno di circa il 6%). Un movimento molto forte, in parte legato al posizionamento estremo degli investitori, la cui persistenza tuttavia dovrà trovare conferma nella dinamica degli utili. In questo senso assume grande importanza la reporting season appena iniziata che, se ancora vede le large cap favorite in termini di utili attesi per il Q2 (+9,6%) rispetto alle società a minore capitalizzazione (+5,5%), potrebbe evidenziare una dinamica più favorevole alle small cap nel proseguo dell’anno. Più modesto nel periodo il risultato delle azioni europee, appesantite dal listino francese che ha continuato a soffrire l’incertezza politica solo parzialmente attenuata dal risultato elettorale. In linea con quella dei paesi sviluppati la performance dell’indice dei paesi emergenti, dove tuttavia si è confermata la debolezza del listino cinese (-2,1% in euro). 
  • Spread: lato Fixed Income, i decennali americano e tedesco sono rimasti pressoché invariati nel periodo, ma con una discesa importante dai massimi toccati all’inizio del mese con l’affermarsi di un possibile taglio dei tassi da parte della FED già nel mese di settembre. Una dinamica che si è riflessa anche in un bull-steepening delle curve con il differenziale 10y-2y in US passato da -50bps a -26bps e il 30y-2y tornato addirittura a toccare lo zero mettendo fine ad un’inversione della curva su questo tratto iniziata a metà 2022. Una dinamica che ha ulteriore spazio di svilupparsi qualora lo scenario di soft landing unito ai rischi di una minore disciplina fiscale dovesse trovare conferma. 
  • Credito: lato credito societario, si è confermata la generale tenuta degli spread: l'indice High Yield degli Stati Uniti (H0A0) è aumentato dell’1,6%, superando l'High Yield europeo (HE00) che è salito dell’1%. Similmente, nel segmento Investment Grade (IG), gli Stati Uniti (C0A0) sono saliti dell’1%, facendo meglio dell'Investment Grade europeo (ER00) in aumento dello 0,84%. 
  • Valute e materie prime: la prospettiva di un primo taglio dei tassi della FED a settembre ha favorito l’oro (+6%) e penalizzato il dollaro che nel periodo ha ceduto l’1,5% sull’euro e quasi il 2% rispetto allo yen giapponese.
Confermiamo un’interpretazione incoraggiante del quadro macroeconomico di riferimento, alla luce dei dati più recenti.

Gli Stati Uniti confermano un livello di crescita elevata, con indizi di un progressivo calo verso un livello compatibile con il potenziale di lungo termine del Paese; l’Europa, dopo una prolungata fase di stagnazione innescata dalla guerra in Ucraina e dal brusco aumento dei prezzi delle materie prime, mostra timidi segnali di ripresa, in particolare nel settore dei servizi; in Giappone è giunta al termine la lunghissima fase di tassi di interesse negativi, a conferma che anche la Bank of Japan ritiene che l’economia locale possa camminare sulle proprie gambe facendo a meno di misure di stimolo straordinario.

L’inflazione, che nel primo trimestre aveva sorpreso al rialzo le attese degli economisti, ha ripreso una dinamica di calo, particolarmente significativa negli Stati Uniti dopo la fiammata dei primi mesi dell’anno che aveva messo in seria discussione le prospettive di convergenza verso il target della Federal Reserve nell’orizzonte di previsione. Permane al contrario una significativa incertezza da un punto di vista geopolitico e le prospettive di miglioramento nei diversi ambiti di guerra o di tensione sono nel migliore dei casi labili, senza che i mercati finanziari ne siano impattati significativamente nel loro comportamento. La volatilità, osservata in particolare in Europa in seguito alle elezioni per il Parlamento Europeo e alle elezioni anticipate in Francia, si è progressivamente ridotta e i più recenti eventi negli Stati Uniti non hanno avuto impatti significativi a livello degli indici di mercato.

In conclusione riteniamo ancora attuale il contesto descritto nel corso degli ultimi mesi con la prospettiva di un contributo più corale alla crescita economica che è favorevole alla sua qualità e stabilità, in quanto consente di non dipendere da un’unica area a fare da traino a livello globale, e un rientro dell’inflazione più omogeneo rispetto al recente passato nelle diverse aree che riduce il rischio che ci possa essere un contagio in senso negativo dai Paesi con una dinamica dei prezzi più surriscaldata verso quelli caratterizzati da maggior stabilità.

Sia negli Stati Uniti, sia nell’Area euro il mercato sconta due tagli dei tassi di interesse entro la fine dell’anno: la visibilità rispetto a queste aspettative è buona e, in assenza di sorprese di particolare rilievo, dovrebbe trovare un’effettiva realizzazione nelle decisioni di FED e BCE. Rimane un problema in termini di politiche fiscali, soprattutto in America dove il deficit Federale si attesta su livelli mai osservati in una fase positiva per la crescita e dove questo tema non sembra essere di importanza per le prossime elezioni, con prospettive di uno squilibrio nei conti pubblici destinato a trascinarsi nel tempo. Come già ricordato, il Giappone è uno dei pochi Paesi sviluppati ad avere una politica monetaria completamente asincrona rispetto agli altri, con prospettive di ulteriori rialzi ai tassi di interesse anche per i mesi a venire.

Per l’area emergenti il quadro di riferimento è molto differenziato e non privo di incertezze. La combinazione di minor stimolo fiscale e monetario a cui si aggiunge una minor crescita del commercio internazionale è in generale negativa, anche se non mancano eccezioni di rilevo: l’India, ad esempio, ha un sistema economico piuttosto chiuso e la debolezza dell’export globale ha dunque un impatto meno importante rispetto alla forza dei consumi e degli investimenti interni.

Alla luce di quanto sopra, riteniamo il mercato azionario sia complessivamente correttamente valutato in funzione dei tassi d’interesse prevalenti, ma presenti alcuni elementi di fragilità da monitorare con attenzione. Negli Stati Uniti citiamo in particolare i margini di profitto aziendali ai massimi storici, che potrebbero calare in presenza di un indebolimento della domanda, e livelli di valutazione che appaiono elevati in prospettiva storica; il mercato si affaccia alla stagione delle trimestrali relative alla seconda frazione dell’anno con attese di una crescita utili elevata e non si può escludere il rischio di qualche sorpresa negativa. Il mercato europeo risulta essere a sconto e sottovalutato rispetto a quello statunitense; la marginalità delle aziende, in particolare, beneficia del venir meno delle pressioni sul fronte energetico e del protrarsi degli effetti positivi sui bilanci bancari derivanti dal livello dei tassi di interesse; prospettive di dinamiche macroeconomiche in miglioramento possono ulteriormente aumentare l’appetibilità dell’area per gli investitori globali, mentre le incertezze sul fronte geopolitico operano in senso opposto. Più incerta la valutazione sui mercati emergenti alla luce, oltre che delle considerazioni macro sopra esposte, delle tensioni geopolitiche e del minor livello di tutele a livello di governance.

Per tale motivo riteniamo debba essere mantenuto un peso azionario coerente al profilo di rischio complessivo, privilegiando l’area dei paesi sviluppati, rispetto agli emergenti e società di elevata qualità, leader dei rispettivi settori di riferimento e quindi in grado di mantenere adeguati livelli di redditività (pricing power).

Tra gli investimenti obbligazionari, la duration di portafoglio è stata aumentata nel corso dell’ultimo mese per le strategie che avevano il maggior sottopeso rispetto ai parametri di riferimento, in particolare tramite investimenti sui Titoli di Stato tedeschi a medio termine. Le emissioni societarie presentano spread complessivamente contenuti o comunque non sufficienti a compensare il rischio associato, in particolare nel segmento high yield, e riteniamo quindi che l’approccio da adottare debba essere estremamente selettivo. Maggiori opportunità sono individuabili in ambito investment grade e nel comparto delle emissioni finanziarie subordinate di emittenti solidi.

Mercati azionari

Nell’ultimo mese i mercati sono stati influenzati oltre che dai dati relativi all’inflazione europea e statunitensi, dall’esito delle elezioni francesi e dalla crescente tensione derivante dalla campagna elettorale americana, ulteriormente salita dopo il ferimento di Trump e le ipotesi di ritiro di Biden. 
A livello settoriale hanno performato bene i bancari e le utilities, mentre hanno faticato i titoli del lusso ed i tecnologici.
Restiamo in attesa della reporting semestrale per verificare lo stato di salute delle single società e la tenuta dei margini e dei ricavi.


Mercati obbligazionari

Testo in aggiornamento.

 

Risultati


Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:

Stato Indice Variazione % dal 24/06/2024 al 18/07/2024
STATI UNITI DOW JONES +3,2%
STATI UNITI S&P 500 +1,8%
STATI UNITI NASDAQ +2,1%
GIAPPONE TOPIX +4,7%
HONG KONG HANG SENG -1,4%
TAIWAN TAIEX +2,6%
KOREA KOSPI +2,2%
MESSICO BOLSA +1,0%
ARGENTINA MERVAL -2,0%
BRASILE BOVESPA +4,1%
INGHILTERRA FTSE 100 -0,9%
GERMANIA DAX +0,2%
FRANCIA CAC 40 -1,6%
SVIZZERA SMI +0,7%
ITALIA S&P/MIB +2,1%
SPAGNA IBEX 35 -0,2%


Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:

Stato Variazione % dal 24/06/2024 al 18/07/2024
STATI UNITI +0,6%
GIAPPONE -0,3%
INGHILTERRA +0,7%
AREA EURO +1,0%

 

Stato Variazione % dal 24/06/2024 al 18/07/2024
USD/EUR -1,7%
YEN/EUR -0,1%
GBP/EUR +0,5%

 

 

 

Autore
Management team

Management team

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