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Negli ultimi 20 anni, la fine della globalizzazione è stata annunciata molte volte: dopo il voto della Brexit, in occasione della prima vittoria elettorale di Trump, durante la pandemia e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
Perché alcuni Paesi sono ricchi e altri rimangono poveri? È una domanda che è sempre stata centrale nelle scienze sociali e in economia.
Il recente rapporto di Mario Draghi sulla competitività dell'Unione Europea ha segnato un passaggio centrale per il futuro politico ed economico dell’area.
Storicamente, il mese di agosto è particolarmente vulnerabile a brutte perturbazioni sui mercati finanziari. È stato così, per fare qualche esempio, nel 1998 con il default della Russia e nel 2007 con l’inizio della crisi dei subprime negli Usa.
Negli ultimi anni, l’Europa si è trovata sempre più stretta nella morsa di Stati Uniti e Cina, due giganti economici intenti a sfidarsi nella corsa alla supremazia economica mondiale.
Accumulare oro per sentirsi al sicuro è una pratica che risale alla notte dei tempi, un rituale antico quanto la storia stessa.
I mercati in queste settimane guardano verso nuovi orizzonti. Il loro sguardo è rivolto in maniera crescente verso l’India, Paese che con i suoi 1,4 miliardi di abitanti si è da poco guadagnato il titolo di democrazia più popolosa al mondo.
Il mondo economico è attualmente immerso nella ricerca spasmodica di segnali di crescita ma esistono anche altri dati cruciali che non devono essere trascurati. Tra questi ci sono i numeri sui debiti pubblici.
Con il suo leggendario “Whatever it takes”, Mario Draghi è considerato il salvatore dell'euro. La promessa dell'allora Presidente della Banca Centrale Europea di fare tutto il necessario per preservare la moneta unica ha segnato la svolta nella crisi del debito europeo nel 2012.
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