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Il commento mensile sull'andamento dei mercati realizzato dai fund manager di Ersel.

Quadro macro - Aprile 2024


Stati Uniti

Il mese di aprile è stato caratterizzato da dati di inflazione e crescita superiori alle attese e dichiarazioni sempre meno accomodanti da parte dei membri della Fed. I Nonfarm Payrolls di marzo hanno segnato una risalita del numero di nuovi occupati a 303.000, sopra i 270.000 del mese precedente, e oltre i 214.000 attesi dagli analisti. Il tasso di disoccupazione è leggermente sceso al 3.8%, in linea con le attese, rimanendo in prossimità dei minimi storici. L’indice dei prezzi al consumo anno su anno di marzo è uscito leggermente sopra le attese per la terza pubblicazione consecutiva con il dato headline a 3.5% e quello core a 3.8%. All’interno del dato core, mentre i prezzi dei beni sono tornati a calare, ha continuato a mancare una moderazione sulla componente servizi, in particolare su alloggi e trasporti. Anche le vendite al dettaglio hanno evidenziato una resilienza superiore alle attese dei consumi, in crescita dello 0.7% nel mese su mese. In linea con le attese la produzione industriale di marzo a +0.4%. Per quanto riguarda i sondaggi sulle prospettive economiche, abbiamo avuto un ISM manifatturiero che è tornato in territorio di neutralità a 50.3 da 47.8 con la componente prezzi pagati in risalita a 55.8. In moderazione per contro l’ISM sui servizi a 51.4 da 52.6 sotto le attese degli analisti. Piuttosto stabili invece i PMI di marzo poco sopra la neutralità sia sul manifatturiero sia sui servizi. Nel mese di aprile la Fed ha mantenuto dei toni sempre meno accomodanti portando ad una significativa revisione di probabilità ed entità di eventuali tagli dei tassi di policy. Dai quasi 7 tagli che erano prezzati a inizio gennaio per l’anno in corso, il mercato è tornato a prezzare poco più di un taglio e mezzo.

 

Europa

L’inflazione di marzo è uscita in lieve calo dai livelli del mese precedente e leggermente sotto le attese con il dato headline a 2.4% e il dato core a 2.9%. Gli indicatori anticipatori hanno continuato a segnalare un manifatturiero in contrazione, a 46.1, e una maggiore resilienza lato servizi, in territorio di neutralità a 51.5. I dati macroeconomici meno aggiornati hanno mostrato vendite al dettaglio in calo dello 0.5% mese su mese dal +0.1% di gennaio, mentre la produzione industriale è cresciuta dello 0.8% dal -3.2% del mese precedente. Il mercato del lavoro è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso di disoccupazione sui minimi storici, al 6.5%. Nel meeting di aprile la BCE ha ribadito un approccio data dependent dichiarando che a fronte di ulteriori conferme di un rientro dell’inflazione verso il target ridurrà la restrittività della politica monetaria indipendentemente da quanto deciderà la Fed. Il mercato prezza quasi 3 tagli per il 2024 con una probabilità superiore all’80% di osservare il primo taglio alla riunione di giugno.

 

Asia e Mercati Emergenti

Anche il mese scorso abbiamo avuto sorprese positive dai dati macro americani, con numeri superiori alle attese, specialmente quelli legati all’inflazione, ed è continuato il conseguente repricing della possibilità – anche per buona parte delle banche centrali dei Paesi EM – di tagliare i tassi con minore urgenza. L’inflazione si conferma altamente sincronizzata, con il picco che è stato raggiunto appena post-Covid nei mercati emergenti, guidato principalmente da forze macro comuni ai paesi sviluppati, piuttosto che da ragioni idiosincratiche. 
Sebbene la Cina debba ancora affrontare sfide significative, non da ultimo il superamento di un tasso di inflazione che è diventato negativo, ne abbiamo rivalutato le prospettive di crescita (circa 4.4% per il 2024) sulla base dell’espansione fiscale che il governo cinese sta portando avanti. Il settore immobiliare residenziale rimane un'area chiave di preoccupazione per i responsabili politici e ciò potrebbe portare a ulteriori tagli dei tassi di interesse. 
Salvo alcune eccezioni, come la Turchia, le banche centrali potrebbero continuare con il ciclo di riduzione dei tassi di riferimento. È probabile quindi che altre banche si uniscano a quella brasiliana per evitare che i tassi reali diventino troppo alti. Il continuo problema dell'inflazione in Turchia implica invece che potrebbe passare diverso tempo prima che la banca centrale sia in grado di invertire l'aumento ciclo di rialzo dei tassi.

I mercati finanziari nel periodo di riferimento del 19 Marzo – 24 Aprile. I dati di crescita e inflazione sopra le attese hanno portato ad un forte movimento al rialzo della curva dei tassi americani su tutte le scadenze.
  • Tassi: il due anni americano è tornato vicino al 5%, mentre il decennale, dalla data dell’ultimo comitato (i.e. il 21/03), è salito di oltre 30bps portandosi al 4,6%. Le aspettative di inflazione, sebbene anche loro in rialzo, sono rimaste relativamente contenute determinando un rialzo dei tassi reali che sulla scadenza a 10 anni sono tornati sui livelli dello scorso ottobre (c.a. 2,2%). Seppure caratterizzati da una certa volatilità indotta dai dati americani, i movimenti sui tassi in Europa sono stati più contenuti, con il decennale tedesco in salita di c.a. 6bps rispetto allo scorso comitato. In allargamento di circa 20bps lo spread sui BTP, che riportandosi in area 140bps di fatto dimezza il movimento di restringimento in corso dall’inizio dell’anno.
  • Spread: la prospettiva di un allontanamento e possibile ridimensionamento nel ciclo del taglio dei tassi da parte della Fed e l’aumento dell’incertezza geopolitica hanno pesato sugli asset di rischio. Gli spread sul segmento high yield si sono allargati di circa 30bps su entrambe le sponde dell’Atlantico, mentre gli indici delle obbligazioni dei paesi emergenti hanno ceduto, rispettivamente, l’1,8% in hard currency e il 3,2% in valuta locale (espresso in dollari).  Analogamente, in ambito azionario si sono registrati forti ribassi con l’indice globale dei paesi sviluppati in discesa del 3,8% (in valuta locale), appesantito in particolare dagli Stati Uniti dove l’S&P500 e il Nasdaq hanno ceduto entrambi oltre il 4%. Più contenuti i ribassi in Europa e nei mercati emergenti.
  • Valute e materie prime: in ambito valutario da sottolineare il continuo apprezzamento del dollaro, con il DXY (in rialzo del 2%) che si è riportato sui livelli dello scorso ottobre. A farne le spese soprattutto lo yen, che è tornato sopra i 154 per $ ponendo forti pressioni alle autorità giapponesi per un’accelerazione nel processo di normalizzazione dei tassi di interesse. Malgrado la salita nei tassi reali e l’apprezzamento del dollaro, l’oro ha confermato il suo forte trend rialzista, segnando nuovi massimi oltre i 2300$ l’oncia (+8% nel periodo). Le aumentate tensioni in Medio Oriente, le scorte americane ai minimi e la ripresa del ciclo manifatturiero globale hanno poi supportato il prezzo del petrolio che è salito sopra gli 85$ al barile, per poi ritracciare sotto gli 83$, aggiungendo un ulteriore elemento di complicazione al lavoro delle banche centrali. Più in generale l’indice delle commodity nel periodo ha registrato un rialzo del 2,8%
Lo scenario centrale per i mercati finanziari si fonda ancora sull’ipotesi di dinamiche macroeconomiche di crescita mondiale positiva seppure in rallentamento ed un contesto geopolitico che indebolisce le dinamiche del commercio internazionale ovvero impone un accorciamento delle catene produttive.

Più in particolare la crescita nominale dei paesi sviluppati è attesa in rallentamento rispetto agli anni post Covid ed inferiore rispetto a quella potenziale sia negli Stati Uniti sia in Europa con il solo Giappone che potrebbe invece sperimentare una crescita nominale in accelerazione. La crescita dei paesi emergenti è attesa stabile ma fortemente condizionata dalla Cina che appare ancora in una fase di ristrutturazione della propria economia a causa delle difficoltà del settore immobiliare e dalle dinamiche del commercio internazionale.

L’inflazione, che della crescita nominale sarà la parte preponderante nei paesi sviluppati, è in rallentamento, anche se la traiettoria di rientro verso gli obiettivi delle banche centrali è ancora sotto attenta osservazione alla luce delle dinamiche del mercato del lavoro. Le politiche monetarie hanno intrapreso un percorso di normalizzazione e nel caso degli Stati Uniti si sono spinte in area di restrizione per far fronte alle dinamiche inflattive dovute sia all’uscita dal Covid sia per disinnescare una potenziale spirale prezzi salari indesiderata in particolare nei paesi sviluppati. Nel corso dell’anno, se tali dinamiche saranno confermate, ci si può attendere una riduzione dei tassi di mercato monetario che riportino i tassi reali su livelli meno restrittivi.

Gli ultimi dati pubblicati a livello macroeconomico mostrano un quadro di riferimento fortemente differenziato tra le diverse aree geografiche: gli Stati Uniti rappresentano l’area in miglior salute grazie alla robustezza dei consumi interni, un mercato del lavoro in buona salute, con squilibri domanda offerta che vanno riducendosi e la solidità degli investimenti malgrado la risalita dei tassi che, sulla base anche delle indicazioni della Fed dovrebbero aver raggiunto sostanzialmente il picco.

Per quanto riguarda l’Europa le dinamiche di crescita mostrano dati molto meno brillanti a causa di un’economia strutturalmente meno dipendente dai consumi interni, che peraltro cominciano a faticare a causa di dinamiche reddituali reali meno forti rispetto agli Stati Uniti e per il rallentamento del commercio internazionale e della Cina in particolare. D’altro canto, anche la politica monetaria della Ecb pare aver raggiunto il picco nell’azione restrittiva in attesa di valutarne gli effetti in termini di dinamiche macroeconomiche.

Il Giappone ha intrapreso una politica monetaria e fiscale fortemente espansiva ed ha fortemente beneficiato di una valuta fortemente deprezzata. La crescita, tuttavia, dovrà trovare un supporto dalle dinamiche internazionali che al momento sembrano essere meno robuste a fronte di una banca centrale che nei prossimi mesi potrebbe abbandonare una politica monetaria che appare sempre meno giustificata dal livello d’inflazione prevalente.

Per l’area degli emergenti il quadro di riferimento è molto differenziato e non privo di incertezze. Nel complesso le dinamiche di crescita economica permangono meno brillanti rispetto a quelle dei paesi sviluppati per una combinazione di minor stimolo fiscale e monetario a cui si aggiungono dinamiche di minor crescita del commercio internazionale. Con specifico riferimento alla Cina, che dei paesi emergenti è quello con il maggior “peso specifico”, pur in una fase di ripresa, resta impegnata in un complesso riequilibrio della crescita verso i consumi interni e di potenziamento ulteriore del know-how mentre si trova a dover affrontare il ridimensionamento del settore immobiliare in una fase di minor collaborazione internazionale (deglobalizzazione).

Alla luce di quanto sopra, riteniamo il mercato azionario sia complessivamente correttamente valutato in funzione dei tassi d’interesse prevalenti, ma presenti ancora margini di correzione, in particolare con riferimento al mercato statunitense. Tra gli elementi di incertezza citiamo in particolare i margini di profitto aziendali ovvero l’andamento delle economie extra Usa. Il mercato europeo risulta essere più a sconto e sottovalutato rispetto a quello statunitense con particolare riferimento alla marginalità delle aziende che beneficiano del venir meno delle pressioni sul fronte energetico e per gli effetti positivi sui bilanci bancari derivanti dall’innalzamento dei tassi. D’altro canto, le dinamiche macroeconomiche e le incertezze sul fronte geopolitico sopra citate ne minano l’appetibilità. Meno costruttiva la valutazione sui mercati emergenti alla luce, oltre che delle considerazioni macro sopra esposte, delle tensioni geopolitiche e del minor livello di tutele a livello di governance.

Per tale motivo riteniamo debba essere mantenuto un peso azionario coerente al profilo di rischio complessivo, privilegiando l’area dei paesi sviluppati, rispetto agli emergenti e società di elevata qualità, leader dei rispettivi settori di riferimento e quindi in grado di mantenere adeguati livelli di redditività (pricing power).

Tra gli investimenti obbligazionari, riteniamo opportuno mantenere la duration di portafoglio bassa rispetto ai parametri di riferimento in particolare sulle scadenze più lunghe in generale ed in Europa in particolare. Le emissioni societarie presentano spread complessivamente contenuti o comunque non sufficienti da compensare il rischio associato in particolare nel segmento high yield e riteniamo quindi che l’approccio da adottare debba essere estremamente selettivo. Maggiori opportunità sono individuabili in ambito investment grade e nel comparto delle emissioni dei finanziari subordinate di emittenti solidi.

In un contesto come quello descritto riteniamo che debbano trovare maggior spazio nell’allocazione dei patrimoni investimenti obbligazionari di durata breve volti a sfruttare questa fase del ciclo dei rialzi delle banche centrali ed approcci d’investimento alternativi, opzionali e/o flessibili e dinamici in ambito azionario.

Mercati azionari

Nel corso dell’ultimo mese il mercato azionario italiano si è mosso lateralmente con un forte aumento della volatilità sia a causa delle crescenti tensioni geopolitiche in medio oriente e per i rinnovati timori relativi all’inflazione negli Stati Uniti che continua a restare elevata. Restano quindi le incertezze sul timing del taglio dei tassi da parte delle banche centrali, con conseguente penalizzazione dei settori più sensibili ai tassi stessi. 
A livello settoriale hanno performato ancora bene gli industriali ed i petroliferi, mentre hanno faticato i difensivi come le utilites.
Nell’ultimo mese i titoli migliori sono stati i petroliferi come Saipem ed Eni oltre ad industriali come Prysmian. Tra i peggiori troviamo invece Nexi, Iveco ed Interpump.


Mercati obbligazionari

Testo in aggiornamento.

 

Risultati


Risultati conseguiti dai principali mercati azionari nel periodo di riferimento:

Stato Indice Variazione % dal 20/03/2024 al 19/04/2024
STATI UNITI DOW JONES -3,9%
STATI UNITI S&P 500 -4,9%
STATI UNITI NASDAQ -6,6%
GIAPPONE TOPIX -4,5%
HONG KONG HANG SENG -1,9%
TAIWAN TAIEX -1,3%
KOREA KOSPI -3,7%
MESSICO BOLSA -1,3%
ARGENTINA MERVAL +0,3%
BRASILE BOVESPA -3,1%
INGHILTERRA FTSE 100 +2,0%
GERMANIA DAX -1,5%
FRANCIA CAC 40 -1,7%
SVIZZERA SMI -2,8%
ITALIA S&P/MIB -1,1%
SPAGNA IBEX 35 -0,2%


Total return degli indici obbligazionari EFFA dei titoli di Stato e variazioni delle principali valute contro euro:

Stato Variazione % dal 20/03/2024 al 19/04/2024
STATI UNITI -1,5%
GIAPPONE -0,8%
INGHILTERRA -1,8%
AREA EURO -0,5%

 

Stato Variazione % dal 20/03/2024 al 19/04/2024
USD/EUR +2,0%
YEN/EUR +0,0%
GBP/EUR -0,8%

 

 

 


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